Tre anni fa (2018), è venuta a mancare mia zia Adelina (sorella di mia mamma), aveva 95 anni, gli ultimi 5 passati inferma nel letto, qui aprirei una parentesi sul fatto che la medicina ha di molto allungato la vita, ma se poi gli ultimi anni li devo passare infermo ad aspettare che mi cambino il pannolone, non so fino a che punto ne valga la pena. Aveva una mente ancora lucidissima, gli volevo un bene immenso, d’altronde era di una tale bontà che era impossibile non volergliene. Abitava a Rho, una cittadina del comprensorio milanese, distante 145 km da casa mia, un po’ di anni fa la carissima zia durante una telefonata, mi fece promettere di andare a trovarla almeno una volta all’anno, non poteva sopportare l’idea di andarsene senza rivedere i parenti della Cascina Maestà, dove aveva trascorso momenti di grande felicità. Mantenni fede alla promessa ed una volta all’anno io e la mia famiglia andavamo a farle visita; l’ultima volta che la vedemmo prima della sua dipartita, arrivammo da lei senza preavviso, è impossibile descrivere la gioia che provò nel vederci, sprizzava felicità da ogni poro.
Quando la salutammo prima della ripartenza, era comprensibilmente molto emozionata, fece molta fatica a trattenere le lacrime, sembrava sentisse che quello era un’addio, d’altronde a 95 anni…
Se ne andò dopo un paio di mesi, ci avvisò della sua scomparsa uno dei suoi quattro figli dicendoci che la mamma si era addormentata per sempre; così io, mia moglie, mia mamma e la zia Giuseppina (sorella di mia mamma), il giorno prima del funerale partimmo alla volta di Rho per dare l’ultimo saluto alla salma. Sembra strano a dirsi, ma i figli di mia zia Adelina, era da una ventina d’anni che non li vedevamo.
Quando andavamo a trovare mia zia, ci fermavano prima al cimitero di Rho, dove dimorano i miei nonni materni ed un paio di fratelli di mia mamma, e poi ci recavamo dalla zia Adelina, non avevamo il tempo materiale per far visita ai miei 4 cugini che abitano nella periferia di Milano. Quando arrivammo, abbiamo dato l’ultimo saluto alla cara zia ancora molto bella: nonostante l’età, aveva ancora un viso freschissimo, poi i suoi figli ci hanno fatto accomodare in soggiorno.
Essendo vent’anni che non ci vedevamo, di cose da dirci ne avevamo parecchie; è strano che molte volte debba essere la scomparsa di una persona cara a far ritrovare parenti che per i più svariati motivi, non si incontrano da tantissimo tempo.
Accanto a me si siede Ernesto, alla mia sinistra sua moglie Antonia (io ero capotavola), l’unica ad aver accompagnato il marito, gli altri 3 cugini erano soli. Antonia esordisce subito dicendo che mio cugino da quando è in pensione, fa cose a dir poco strane. “In che senso?”, domando io… ed allora Ernesto comincia a parlare. “Antonia si riferisce al fatto che io ogni mattina mi reco in un cimitero della zona, solitamente nel milanese, entro con la mia sedia pieghevole e per circa una o due ore ascolto le voci dei morti” – “Porcocane, ti romperanno i timpani”. – “Quando racconto questo fatto mi prendono tutti per il culo, invece io ho un dono che ho scoperto un po’ di anni fa: riesco a sentire le voci dei defunti che si lamentano, non riescono a riposare in pace perché si sono portati nella tomba un segreto che non hanno avuto il coraggio di confessare”– ”Io lo ascoltavo allibito, cercavo di capire se era uscito di testa o cos’altro”. Intanto continuo ad ascoltarlo: “Quando ho ascoltato il loro tormento, torno a casa, prendo la tavolozza dei colori e fisso su tela il loro lamento in questo modo riesco a farli riposare finalmente in pace… guarda, ti faccio vedere,” e così dicendo mi mostra il suo smartphone, dove ha fotografato tutti i suoi quadri.
Il primo riguarda una donna che ha tradito una volta il marito e non ha mai avuto il coraggio di dirlo a nessuno, i colori sono molto scuri, cupi, grigi; vi è una donna inginocchiata davanti ad un uomo, ha una mano sul petto, come a dire: è stata colpa mia, l’uomo protende una mano verso la sua testa in segno di perdono. Nell’angolo in alto a destra, Dio assiste alla scena; i contorni dei visi non sono ben definiti ma tutto è ben comprensibile. I quadri trattano i più disparati argomenti; da chi ha rubato a chi faceva dispetti al vicino ecc ecc ecc; tutti disegnati con lo stesso stile e di dimensioni notevoli; a me hanno fatto venire i brividi, fortunatamente Antonia dopo un po’ ha fermato mio cugino dicendo: “Ma basta, lo stai torturando, non vorrai farglieli vedere tutti, ne hai più di mille” – “Caspita ma sono tantissimi, dove li tenete tutti?” – “devi capire che questi quadri devono sempre rimanere di mia proprietà, non posso venderli, donarli o distruggerli, altrimenti il peccato inconfessato tornerebbe in libertà. Io ho la casa strapiena e pure il garage, la mia auto dorme in strada ed adesso ho cominciato a portali nella rimessa di mio cognato che molto gentilmente mi ha affittato.
Ti volevo parlare di un’altra cosa, da cinque anni a questa parte ho scoperto di avere una strana dote”… “Per la miseria, ma anche quelle che mi hai appena detto, non mi sembrano molto usuali”. – “Lasciami spiegare, è cominciato tutto qualche anno fa, incontro per caso il mio ex datore di lavoro… come va come non va, le solite cose, abbiamo chiacchierato un po’, poi mi dà la mano per salutarmi e lì ho visto per qualche secondo buio totale e un brivido mi ha attraversato la schiena. Arrivato a casa l’ho detto a mia moglie, sentivo che qualcosa di terribile stava per accadere; la mattina seguente, il mio ex datore di lavoro è morto d’infarto. – “Senti Ernesto, sarà stato un caso” – “Ti racconto il secondo episodio… una sera incontro al bar un mio ex compagno di scuola che non vedevo da anni, stranamente quella sera era in un locale che lui non frequentava mai. Abitando da tutt’altra parte, abbiamo parlato dei vecchi tempi, sembrava contento, quando ci siamo salutati mi ha stretto la mano e lì ho avuto la stessa sensazione, buio totale per qualche secondo e brividi lungo la schiena.
L’indomani mattina si è impiccato nella sua cantina: quando sono andato a fargli visita, la moglie mi ha detto che era depresso, continuava a fare analisi su analisi, era convinto di avere un brutto male, ma mai si sarebbe aspettata potesse compiere un gesto simile. “Porcocane Ernesto, però anche qua potrebbe essere stata una coincidenza”, “ti racconto il terzo caso… il mio vicino di casa (venticinque anni fa avevamo acquistato una villetta a schiera del nuovo villaggio), una persona stupenda, educato, gentile, alla sera portavamo fuori il cane assieme, io ho un bastardino e lui un bel cagnolone di razza, era un cane molto tranquillo, con il mio non aveva mai litigato. Quando sono diventato nonno, mi ha stretto la mano per congratularsi con me, ed ecco la stessa sensazione, buio totale e brividi lungo la schiena. Da quando era in pensione, ogni mattina lui andava col suo bel cane a prendersi cappuccino e brioche, poi attraversava la strada per andare dal tabaccaio, il mattino seguente alla stretta di mano, mentre stava andando a comprare le sigarette, è stato centrato in pieno da un’auto ed è morto sul colpo, il cane era davanti a lui ed è rimasto illeso” – “Nooo, ma per la miseriaccia ladra, chissà il cane a vedere il suo padrone sull’asfalto”- “Credimi, il cane è impazzito dal dolore, alla sera cominciò a portarlo fuori sua moglie ma non era più l’animale di prima, continuava a ringhiare ed era sempre agitato, una sera gli ho messo la mano sulla testa con l’intento di accarezzarlo, e lui mi ha morso il polso, ed ecco che ho visto buio totale e brividi lungo la schiena. La mattina seguente, è scappato dal guinzaglio della sua padrona per andare davanti al tabaccaio e li nello stesso punto dove quindici giorni prima era morto il suo padrone, è stato investito da un’auto” – “Vaccabestia, ma non ci posso credere, io mi sto un po’ agitando”, “Ti racconto un altro episodio…” – “Noo per carità, questi mi bastano, senti Ernesto, è molto tardi, abbiamo molta strada da fare, salutiamo per l’ultima volta la zia e poi ci avviamo, scusa se non ti stringo la mano, ma non vorrei che vedessi nero.” Cosi ci avviammo per il ritorno, passammo davanti allo storico salumificio Citterio distante 300 metri dalla casa di mia zia, che tante volte avevo visto in TV con la sua caratteristica facciata ricoperta d’edera (anche se adesso purtroppo è tutta secca). Durante il tragitto del ritorno, io, mia moglie, mia mamma e mia zia Giuseppina, parlammo del dialogo avuto con i figli di mia zia Adelina, mia mamma e mia zia non avevano sentito quanto ci eravamo detti io, Ernesto e sua moglie Antonia, e quando glielo spiegai rimasero sconvolte; ci facemmo tutti la stessa domanda: com’è possibile che Ernesto dotato di uno straordinario talento naturale, in grado di dipingere quadri di sublime bellezza al punto che osservandoli veniva spontaneo esclamare: “Gli manca solo la parola,” abbia cominciato a pitturare il lamento dei morti?
Riflettendo su tutto ciò, unica nota positiva che emergeva, era il fatto che lui si sentiva utile, impiegava il suo tempo per il bene degli altri, una sorta di volontariato dell’aldilà. Quando mia moglie scherzosamente mi chiese: “Giordano, metti che un giorno Ernesto ti telefoni e ti chiede se puoi affittargli il garage per mettere i suoi quadri, che gli rispondi?” – “Col cazzo che glielo affitto, metti che di notte da quelle tele comincino ad uscire degli strani lamenti?”.
GIORDANO