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UNA NUOVA SPERANZA

Scrivere, in varie occasioni, è stato per me, come per altri, utile ad affrontare le emozioni, quelle belle come quelle brutte.
Spesso, in questi giorni, ho avuto la tentazione di scrivere per aiutare me stesso e anche per condividere con altri un pezzetto di me e un’utilità di spirito di resilienza in questa drammatica situazione. Non ci sono, però, mai riuscito, fino ad ora: troppe le emozioni contrastanti di una realtà che difficilmente sarebbe risultata immaginabile solo qualche settimana fa.

Contrastano, per esempio, in me, ogni giorno di più, le paure, anche egoistiche, per la salute mia e dei miei cari, ma anche le speranze per una ripartenza che dovrà e potrà esserci presto; il dolore per i tanti, conoscenti e non, che vivono l’angoscia di un parente lontano e malato o, peggio ancora, defunto senza nemmeno la dignità di un ultimo omaggio senza dimenticare la consapevolezza di un popolo capace di unirsi in solidarietà e concretezza; la preoccupazione per un’economia e un lavoro che difficilmente potranno tornare a livelli precedenti, ma ancora l’auspicio di un “mondo nuovo” che si possa aprire, da domani, di fronte a noi.

Molte volte, nei mesi e negli anni appena trascorsi, ci siamo interrogati su di un mondo troppo simile ad una polveriera pronta ad esplodere: un’economia stagnante accompagna ormai da tempo il crescere di nazionalismi e populismi, troppo spesso esasperati fino agli estremi, vari focolai di guerre e di migrazioni forzate stravolgono da anni la geopolitica dei nostri continenti, l’inquinamento esasperato rende sempre più esauribili risorse naturali indispensabili. Ora, questa crisi sanitaria globale stravolge tutto e ci apre a scenari indecifrabili, su cui anche io mi sono interrogato. Dalla finestra della mia camera da letto, ci si può affacciare su di un piccolo parco alberato che apre al verde, da un lato, ma che porta all’entrata di un’agenzia di onoranze funebri, dall’altro.

Si è fatta in me, negli anni, l’abitudine quasi ad ignorare la campana che suona ogniqualvolta qualcuno abbia bisogno dei mesti servizi di quest’agenzia. Stando in casa, in questi giorni di emergenza, la campana è tornata a risuonare nelle mie orecchie, non tanto per l’intensità del suono, quanto per i ristretti tempi tra una scampanellata e l’altra.Ad ogni suono, corre inevitabile il pensiero ai tanti che non ce l’hanno fatta e hanno dovuto soccombere nella lotta a questo nuovo mostro dei tempi odierni: mi sembrava quasi di vederli, soli, nelle stanze o nei corridoi degli ospedali affollati, con un fil di fiato, a cedere la mano a Colui che veniva a chiamarli. Mi limitavo a pregare per loro e i loro cari, a soffrire per loro, chiunque essi fossero. Ho riflettuto molto. Ho pianto molto. Ho dimenticato molto. Poi ho capito, forse, che un senso a tutto questo deve pur esserci, che forse noi non lo capiamo fino in fondo, ma che abbiamo, tutti, nel profondo di noi stessi: si tratta di quel mistero che è la vita che ci abita, che ci anima e che, prima o poi, ci porterà via.

Ognuno di noi sa, guardandosi nell’animo, trovare quel che c’è e trasmetterlo agli altri attraverso ciò che si è e trasformando l’io in noi, i singoli in una comunità di cui facciamo parte, di cui ci sentiamo parte.
Da qui, credo, nasce il sentimento di dovere e responsabilità nel dare senso a quel che sta accadendo, non solo con la preghiera e il pensiero per chi soffre o per chi se ne è andato, ma anche con l’azione e l’atteggiamento di una nuova speranza, di una nuova gioia di vivere, di una nuova consapevolezza che il dolore di oggi possa essere alla base di un radioso domani.

Ho smesso, dunque, di pensare a quella campana come un saluto a chi se ne è andato, e ho fatto mia l’esortazione di Hemingway: “E allora, non chiedere mai per chi suoni la campana. Essa suona per te.”
E se suona per me – ho pensato – suona per ognuno di noi, come una sveglia, a monito, a chiamata verso il superamento di quell’incertezza che ha animato il mondo in questi tempi cupi: il mio auspicio, quindi, è che la speranza non soccomba ad angosce e timori, altrimenti avremo perso tutti, non solo la vita, ma anche il senso che essa stessa può avere.
Giorgio

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