Ho un debole per le corrispondenze.
Adoro ogni forma di comunicazione e dialogo, certo. Ma una corrispondenza è anche qualcosa di più di un semplice contatto.
E’ fermarsi, ascoltare, leggere, riflettere, pensare, gettare il cuore sul foglio. Prendere il nero e solcare il bianco. Una lettera è una rivoluzione. E’ una macchia, un cambiamento.
Devi metterti in prima persona sugli scudi del tuo punto di vista, devi uscire senza possibilità di ritorno, in cerca del confronto.
Il confronto è una forma di conflitto, no? Abbiamo ben due possibilità, o forse anche più, per relazionarci ad esso: possiamo ignorarlo e cercare di disinnescarlo chiudendoci sempre di più su noi stessi e chiudendo gli occhi oppure possiamo partire da esso, viverlo, cercarlo, tentare di addomesticarlo. E’ l’eterno dubbio tra osservare e agire, tra dentro e fuori. Con una lettera di tuffi nella possibilità di contrasto. Il contrasto stesso delle parole sulla pagina. Il contrasto tra te che scrivi e chi legge. Il contrasto tra la concretezza delle parole e l’immaginazione che cerchi di afferrare. Una lettera è lentezza. Lentezza in un tempo in cui tutto è veloce. Lentezza non priva di ritmo. Già, una lettera è ritmo e non tempo. E se ritenete che la differenza sia insignificante, vi consiglio di rifletterci.
Una lettera è come le dita che diventano chitarra dell’Amico fragile di De André. Allo stesso modo il cuore e la testa diventano pensieri che diventano mano, che diventa dita e poi penna e poi segno.
Una lettera è la ricerca di un francobollo, è le chiacchere con il tabacchiere, è la ricerca di una cassetta rossa, è il “per la città” oppure “per tutte le altre direzioni”, è immaginare l’arrivo. Una lettera è l’attesa di una risposta. Una lettera è un mittente scritto sul resto della busta, una lettera è un destinatario scritto con bella grafia.
Una lettera è una sorpresa, è un sorriso regalato, è spesso un emozione gratuita.
Ho proprio un debole per le corrispondenze.
Viola
