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UN BENE PREZIOSO

È proprio vero che non esiste un bene più grande della salute, ma ce ne rendiamo veramente conto quando questa comincia a vacillare.
Chissà quanto costerebbe al grammo se potesse essere monetizzata; mi son venuti in testa questi ragionamenti perché da 15 giorni mi trovo a casa solo soletto, la mia cara mogliettina ha subìto un delicato intervento al ginocchio (protesi totale) e per altri 25 giorni dovrà essere ospite di una struttura ospedaliera. L’intervento avvenuto all’Istituto Clinico Città di Brescia è perfettamente riuscito, naturalmente adesso serve tempo e pazienza per la riabilitazione.

Parlando con la Signora che condivideva la stanza d’ospedale assieme a mia moglie, mi ha fatto un certo effetto apprendere che lei vive in provincia di Bari, e già un anno prima era venuta nel “nostro” ospedale bresciano per farsi sistemare il ginocchio destro, affermando che purtroppo dalle sue parti non esistevano strutture altamente specializzate nell’inserimento delle protesi agli arti. La mia ignoranza in questa particolare materia (ed in tante altre) non mi ha permesso di controbattere su quanto la Signora affermava, anche se francamente tutto ciò mi sembra alquanto strano: ero convinto che la sanità negli ultimi anni avesse fatto un balzo in avanti, ma se una persona deve percorrere 900 chilometri per farsi operare ad un ginocchio, è evidente che di passi in avanti ne sono stati fatti ben pochi.

Nei dieci giorni di permanenza al Città di Brescia (adesso mia moglie è stata trasferita in una struttura sanitaria a Leno per la riabilitazione) ne sono capitate di tutti i colori; io non sono abituato a guidare in città, dove tutto avviene troppo velocemente, altamente non adatto al mio comprendonio che abbisogna di tempi lunghi per mettere a fuoco. Nel centro urbano di Brescia le auto corrono, strade, corsie, cartelli e semafori sono tanti ed il mio “eccezionale” senso di orientamento non mi aiuta, se poi a tutto ciò aggiungiamo una densa foschia che ho trovato il giorno del ricovero, facciamo l’en plein del negativo che un automobilista della mia scarsa portata possa incontrare; fortunatamente le nuove tecnologie ci danno un grandissima mano, basta impostare sul telefonino il sito che cerchi e lui ti guida non solo mostrandoti il percorso ma accompagnandoti con voce forte e chiara (un anno fa era di donna, adesso è di uomo; avrà cambiato sesso?).

Quando arrivati a destinazione mi ha detto: “L’Istituto Ospedaliero Città di Brescia, si trova sulla tua sinistra” probabilmente  non intendeva: – girare a sinistra – cosa che purtroppo ho fatto imboccando un senso unico, e lì la voce di mia moglie ha toccato acuti in grado di far saltare qualsiasi timpano. Fortunatamente tutto è andato bene, sono perfino riuscito a trovare miracolosamente parcheggio vicino all’ospedale. La seconda volta che sono andato a trovarla ho dovuto sostare l’auto a ben oltre un chilometro dall’ospedale, se non altro ho fatto una bella sgambata a tutto vantaggio della mia salute. La terza volta ho giocato d’astuzia e ho sistemato la macchina nel parcheggio privato di un minimarket, senonché quando sono andato a riprenderla il negozio era chiuso, ed una lunga sbarra impediva l’entrata e l’uscita dei veicoli. Risultato: ho dovuto aspettare 2 ore, prima che riaprissero l’esercizio commerciale e quindi riprendermi l’auto. Miseria ladra, ogni volta che si pensa di fare i furbi si rimane inesorabilmente castigati. Ma il dramma vero e proprio si è consumato la quarta volta che ho fatto visita alla mia consorte; sono riuscito a parcheggiare l’auto in un posto talmente appartato, tranquillo ed esclusivo che al momento del rientro a casa, non l’ho più trovata.

Leggendo questo molti penseranno che sono un deficiente, e francamente non saprei come darvi torto; uscito dall’ospedale alle 13.00, tre ore dopo stavo ancora camminando a vuoto alla ricerca della mia stagionata Fiesta rossa.
Alle 16.00 ormai ero nel panico più totale, con i polpacci duri come il ferro, le ginocchia doloranti, in mano la borsina contenente gli indumenti di mia moglie da lavare… ormai avevo chiesto indicazioni ad un centinaio di persone; mi ha colpito moltissimo una Signora molto anziana che vedendomi particolarmente agitato e stanco mi ha detto: “Io abito qua vicino, vieni a prendere un caffè, ti riposi un po’ e vedrai che a mente fresca troverai la tua macchina“, E’ stato un gesto di bontà che mi ha veramente toccato il cuore, nonostante le truffe e i raggiri che la persone anziane subiscono, lei era disposta a far entrare a casa sua un perfetto sconosciuto pur di aiutarmi e rendersi utile in qualche modo. Io l’ho ringraziata molto ma non ho voluto approfittare della sua immensa gentilezza e quando ho salutato questa dolcissima nonnina, avrei voluto abbracciarla, mi pento di non averlo fatto perché il suo gesto così altruistico lo meritava veramente. Quando ho parcheggiato l’auto (in una stradina secondaria dietro un condominio), ho preso come punto di riferimento la scritta sulla vetrata di un palazzo vicino: Fleming, girato l’angolo ho avuto pure l’ingegno di memorizzare la targa dell’indirizzo: via Trento. Come vedete, non sono rimbambito completamente, quando ho inserito queste indicazioni sul telefonino per ritornare all’auto, mi sono trovato sul retro di un palazzone che non riconoscevo, poi ho fatto il fianco destro, poi il sinistro, ho ampliato il raggio della ricerca ed ogni volta che chiedevo informazioni la risposta era sempre: “Il Fleming è in via Trento”, ma sulla schiena del palazzo non c’era la scritta che avrebbe illuminato la mia mente ormai caduta nelle tenebre più profonde.
Così preso ormai dal più totale avvilimento, in balia di una crisi depressiva, dopo 3 ore e trenta minuti di ricerca, ho telefonato a mia moglie in cerca di conforto: “Amore, sei arrivato a casa? Tutto bene il viaggio ?”, “Tutto bene un cacchio, non ho ancora trovato l’auto, sto andando fuori di testa, ho chiesto informazioni a metà dei cittadini bresciani purtroppo senza esito, ho intenzione di telefonare ai carabinieri ma ti immagini che figura di merda farei? E loro come mi potrebbero aiutare?”, “Tesoro mantieni la calma, dimmi il nome e la via dello stabile dove hai messo la macchina, poi chiamo mia cugina Federica, sai che lei è un genio del computer, troverà in qualche modo una soluzione”.

Rimasi in attesa una decina di minuti, mia moglie richiamò dicendomi che in base alla planimetria ricavata da sua cugina (non so quale marchingegno abbia usato), via Trento era il retro dell’edificio Fleming, secondo lei la scritta che avevo memorizzato come punto di riferimento si trovava sul lato opposto e cioè in via Guido Zadei; allora inserito il nuovo indirizzo sul cellulare ho seguito le sue aggiornate indicazioni e dopo una camminata di una decina di minuti mi sono trovato davanti alla tanto ricercata scritta Fleming, perciò significa che adesso devo tagliare sul marciapiede opposto e girando a sinistra trovo il mio Diablo Rosso.

Quando ho rivisto la mia auto ho provato una gioia talmente grande che l’avrei baciata sul cofano (se non fosse stato tutto pieno di merde d’uccelli, ho guardato sull’albero cui l’avevo messa sotto per vedere se vi fossero appollaiati tacchini), a parte questo fisiologico inconveniente tutto sé concluso nel migliore dei modi ma devo ringraziare mia moglie che ha pensato bene di rivolgersi alla cugina Federica, e naturalmente lei, la geniale cugina Verolese che è una fuoriclasse nell’uso del computer. Adesso mia moglie è ricoverata in ospedale a Leno ( che è un centro altamente specializzato per la riabilitazione), il gruppo di medici e paramedici è formato da persone delle più svariate etnie ma nonostante ciò regna una straordinaria armonia che il paziente percepisce, si sente che il fine ultimo di tutti i professionisti lavoranti in questa struttura sanitaria è la salute del paziente, indirizzata non solo alle specifiche cure fatte di medicinali e terapie ma al grande dialogo che instaurano con i loro assistiti facendoli sentire in una famiglia. Provenendo dai più svariati paesi del mondo ognuno porta la sua specifica esperienza di vita, altro non è che una benefica contaminazione fra culture, un arricchimento per tutti.

Quanto recentemente vissuto mi ha fatto sorgere una domanda: se in una struttura ospedaliera vi lavorano con entusiasmo dedicando anima e cuore alla salute altrui, persone provenienti da ogni parte del globo, perché questo modello di fraterna esistenza non riusciamo ad allargarlo su tutta la terra ??
Concludo il racconto con un efficace metodo di ritrovamento auto: la prossima volta che parcheggio la macchina in città, mi porto un sacchetto di mais, ad ogni passo butto un chicco a terra, sperando non vi siano uccelli in giro; altrimenti,  buonanotte al secchio.
Giordano

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