E ci ritroviamo soli nel silenzio di una gabbia vuota e purtroppo, proprio adesso che i nostri trastulli parevano lanciati in una corsa senza fine, qualcosa di molto brutto li ha rotti, bloccandoli all’improvviso. Non possiamo più permetterci la caterva di accessori che ci facevano sentire importanti, l’ubriacatura di divertimento a tempo pieno, che soffocava tanto bene il vuoto affettivo con i suoi fallimenti, tanto sgradevoli da gestire: colpa della crisi, dicono tutti, della crisi così nera da distruggere la gioia di vivere, e da cui non si esce, anzi ogni giorno è peggiore di prima. Nessuno statista possiede la bacchetta magica della fata Turchina, ma se è vero che disoccupazione, povertà e preoccupazioni possono cancellare il sorriso dal volto di chi le sperimenta personalmente, ogni giorno nella sua vita, è altrettanto vero che non si può commiserare più di tanto chi è triste, perché non può permettersi il mega televisore al plasma per Natale, o regalarsi la vacanza alle Maldive, o accendere un vitalizio annuale allo stadio e, in nome di queste “privazioni”, sbandiera ai quattro venti la sua disperazione esistenziale. Perché senza tutto questo si può vivere bene, o almeno si dovrebbe vivere e gioire e sorridere ugualmente. I poveri antichi vantavano, quando pioveva sui loro tetti e dentro il loro cuore, il conforto degli amici sinceri, il calore dell’anima opposto al gelido soffio del Fato. Ma adesso di sincero non c’è più niente: la politica commerciale dell’usa e getta ci ha abituati a considerare i sentimenti come roba trafficabile, a scegliere le compagnie (comprese le più intime) in funzione di ciò che danno o che potrebbero dare, a caricare e scaricare i rapporti interpersonali con la stessa facilità e velocità con cui riempiamo e svuotiamo la cesta dei panni sporchi. È un materialismo del sentire che si apprende da piccoli e, quando siamo grandi, impera nella nostra vita, mietendo vittime che, una volta sperimentato il danno, diventano ciniche e infide a loro volta, pena la sopravvivenza: in questo modo, l’esistenza si fa sempre più complicata e ci ritroviamo a lottare da soli nel silenzio di una gabbia vuota.
Ornella Olfi