Anche per le precoci e abbondanti nevicate e per l’arrivo delle settimane bianche, era già iniziata la stagione degli sport invernali e come ogni anno il Rezia aveva fatto il pieno di sciatori e dopo cena ogni sera facevano tardi nella grande taverna discutendo i fatti del giorno. Il più importante riguardava il matrimonio della figlia del premier Berlusconi, Marina, che si era sposata col compagno della sua vita: Maurizio e per testimoni i loro due figli: Silvio e Gabriele. Una situazione impensabile fino a qualche anno fa ritenendola una partenza più che peccaminosa già al primo passo della vita matrimoniale. Per alcuni dei presenti, dati i tempi, era una cosa normalissima. Ma tant’è… Si parlava quindi d’amore, quell’universale sentimento che coinvolge tutti prima o poi nella vita e il dialogo si faceva sempre più interessante perché eterno è l’argomento e la curiosità si sapere se sia normale amare più volte nella vita. Gli uomini erano convinti che la passione è una malattia che può colpire più volte la stessa persona in modo anche da non poterne più guarire. Le donne, specialmente le più giovani, sostenevano invece che l’amore, il grande amore, il vero amore, poteva essere vissuto una sola volta bruciando coma fa il fuoco, sia nel cuore che nell’anima, tanto che nessun altro amore potrà più germogliarvi. Uno sciatore, dall’accento milanese che passava per uno che ci sapeva fare in questo campo, portava ad esempio i suicidi per amore e sosteneva che se non avessero fatto la pazzia di togliersi la vita, sarebbero ricaduti un’altra volta nello stesso errore: “perché noi uomini siamo fatti così, che ha bevuto berrà, che ha amato amerà. E’ la natura che vuole così e non ci dà nessun insegnamento il proverbio che “neanche l’asino cade due volte nello stesso posto”. A questo punto è intervenuto il maitre dell’albergo al quale piaceva conversare con i giovani. E fece scalpore il suo racconto che descriveva la storia di un amore che durò parecchi anni in modo sempre intenso e appassionato. E furono proprio le giovani sciatrici a supplicarlo perché raccontasse il fatto anche nei dettagli. E incominciò così a raccontare come tanti anni fa arrivava di tanto in tanto in paese una famigliola composta da padre, madre e una bambina. Erano straccivendoli, vivevano su un carro trainato da un ronzino. Si fermavano vicino al lavatoio ai margini del fraticello dove le donne stendevano i panni ad asciugare, il cavallo mangiava l’erba, la bambina giocava con una bambola di pezza e il marito girava per le vie del paese al grido di “straccivendolo! Spazzacamino!” C’era sempre qualche anima buona che d’inverno dava loro un riparo nella stalla per difendersi dal freddo e dalle intemperie. Qualche volta la bambina tentava di unirsi nei giochi e fare conoscenza con i coetanei ma i genitori dei nuovi amici richiamavano i propri figli: “Vieni a casa subito e che sia l’ultima volta che ti vedo giocare con gli straccioni!”. Arrivata a dodici anni era la bambina che andava a fare la spesa. I soliti monelli maleducati qualche volta le tiravano i sassi. Ma c’erano anche delle signore che le regalavano qualche soldo che lei teneva gelosamente nel nodo del suo fazzoletto. Ma tu guarda il destino! Una sera, mentre passava dietro la chiesa, incontra il piccolo Giuseppe, quasi della sua stessa età, che piangeva sconsolato perché i suoi compagni gli avevano rubato due soldi con un gioco strambo. Siccome era vestito bene lei l’ha giudicato uno di quei bambini dell’alta società sempre felici e contenti perché hanno tanti giocattoli, stanno coccolati al calduccio e mangiano sempre i biscotti nel caffèlatte. Le sue lacrime la intenerirono e come le raccontò il motivo del suo pianto, gli regalò tutti i suoi risparmi: sei soldi che Giuseppe, incredulo, accettò volentieri. E lei non aveva mai provato tanta gioia arrivando persino a dargli un bacio. Il primo bacio della sua vita. Giuseppe guardava i sei soldi e la lasciò fare. Allora, non sentendosi respinta, lo abbracciò stringendolo forte. Scappò di corsa e si sarà chiesta perché aveva regalato tutti i suoi risparmi di stracciona per un bacio. Perché? Mistero! Lo stesso mistero che coinvolge in casi simili anche i grandi. E intanto i giorni passavano veloci. Per parecchio tempo la bambina, fattasi grandicella, continuava a sognare Giuseppe e quell’angolo dietro la chiesa e sempre nella speranza di rivederlo metteva nel nodo del fazzoletto i suoi risparmi: un soldo oggi, uno, forse, domani. Una volta tornò in paese e aveva ventisei soldi ma Giuseppe lo vide solo nella processione vestito da chierichetto per la festa di Cristo Rè. Anche lui la vide, le accennò un sorriso e questo bastò per renderla felice. L’amò ancora di più per questo. E nei suoi sogni primeggiava sempre lui: Giuseppe. E quando lo incontrò vicino alla scuola che giocava coi compagni lo abbracciò con tanto ardore che lui ebbe paura. Per calmarlo gli diede tutti i risparmi che aveva: trentadue soldi che egli guardò e accettò con meraviglia. Per altri quattro anni ella regalò a Giuseppe il suo tesoro fatto di privazioni e rinunce. Una volta solo otto soldi e si vergognava ma era stata un’annata cattiva. Non faceva che pensare a lui ed egli aspettava con una certa ed interessata impazienza e quando la vedeva arrivare le correva incontro facendola gridare alla gioia. Passarono gli anni. E quando tornò in paese, dove aveva lasciato il cuore, cercò con ansia il suo amore. Aveva con sé quarantacinque soldi, ma era scoppiata la guerra e Giuseppe richiamato alle armi, era partito col suo reggimento per il fronte russo. Non ha fatto più ritorno. La sua innamorata l’ha atteso per il resto della sua vita. E le piaceva quando sentiva la canzone “Tornerai” appena uscita. “La conoscete? Mi sembra d’aver sentito la musica. Lei conosce anche le parole?” Certamente: “Tornerai! Da me perché l’unico sogno sei del mio cuor… Tornerai! Tu perché senza i tuoi baci languidi non vivrò! Ho qui dentro ognor la tua voce che dice tremando “amor” Tornerai perché tuo è il mio cuor…” Qualche attimo di silenzio ha sottolineato più delle parole la tristezza e lo sgomento di tutti i presenti. Poi una voce su tutte: bisogna proprio dire che soltanto le donne sanno amare. Il nodo del fazzoletto è diventato più grande perché la speranza è l’ultima a morire. E perché è diventato sempre più grande il numero dei giorni dell’attesa… Giuseppe Paganessi