Tra la fine delle vacanze e il rientro c’è un tempo strano, una terra di mezzo che non appartiene né alla terra che si sta per abbandonare né a quella che si sta per raggiungere.
È un tempo di attesa. Per noi ansiosi, è come il tempo prima di partire, prima di uscire di casa verso stazioni o aeroporti. È un tempo di inquietudine, di passaggio, dove lo stato d’animo non si può calare in un luogo preciso.
Patisco un po’ questo tempo, e vorrei affrettarlo. Qui non riesco a concentrarmi, passo da un’attività ad un’altra, senza esserci per nessuna.
Allora, tanto vale finire di pulire i mobili della cucina: quei lavori radicali, in cui svuoti mobiletto per mobiletto, butti via quel che non serve più, lavi e rimetti tutto dentro in bell’ordine.
E poi rimiri l’opera, che è poi il momento di maggiore soddisfazione. È anche un’attività meditativa: lo zen e l’arte di pulire la cucina. Funziona anche con la pulizia del bagno. (Per me non funziona con il cambio di stagione negli armadi, attività che detesto e che mi richiede dosi massicce di autocontrollo e di continue ripetizioni di mantra per evitare di scaraventare tutto fuori dalla finestra).
Comunque, ieri ho letto questa frase di Etty Hillesum: “…e le forze si rigenerano a ogni piccolo compito di cui mi faccio carico”.
I compiti imbrigliano le energie vaganti, offrono contenimento alla libertà dispersiva. E l’assunzione di responsabilità ci radica nella vita, nella realtà. Il quotidiano non è sempre così rigenerante, ma forse a volte dipende anche dallo spirito con cui lo viviamo: ci tira giù se siamo in rivolta contro di lui, o se non riusciamo a metterci nulla di nostro. Tant’è. Oggi l’attività zen di pulizia ha svolto la sua funzione, ha raccolto l’inquietudine e l’ha fatta scorrere. Ora posso tornare con più concentrazione al mio libro.
Federica