Quando ripenso alla vicenda di Stefano Cucchi, mi vien spontanea nel cuore una grande “con-passione” nei confronti della sua famiglia ed, in particolar modo, di sua sorella Ilaria che, oggi più che mai, vorrei poter stringere forte in un immenso abbraccio di gratitudine e speranza per la tenacia, la forza e la dignità che ha saputo dimostrare in questi lunghi anni di battaglie per la verità. Ma, forse ancor di più, mi sovviene il timore e lo smarrimento nell’immaginare uno Stato di diritto – il nostro Paese – in cui ci si possa trovare deboli e indifesi nelle mani di chi, in onore della divisa che porta, avrebbe il dovere e il bisogno di tutelare, comprendere, difendere.
Penso ai tanti che, come Stefano, forse, hanno potuto subire esperienze simili senza mai aver avuto il coraggio di denunciare. Penso ai tanti che pur avendo denunciato non hanno potuto giungere a verità e giustizia. Penso ai tanti che da un momento all’altro potrebbero ritrovarsi in situazioni simili. Penso a tutti noi, ai nostri genitori, ai nostri figli. Mi chiedo: e se fosse successo a noi…? E se dovesse mai in futuro succedere a noi…?
Omertà, silenzi, complicità iniziano solo ora, dopo più di nove anni, a venir meno in questa triste vicenda. Ed è proprio questo, a mio avviso, il momento più importante in cui tener viva l’attenzione, in cui in un collettivo, umano e rispettoso sussulto di dignità si possa tutti insieme chiedere, una volta per tutte, che si faccia luce su Stefano, su quella buia notte di violenza e, ancor di più, sul nostro – ne rivendico con forza e orgoglio l’appartenenza – Stato di Diritto. Perché non accada mai più!
Giorgio