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Splendessero lanterne

Splendessero lanterne, il sacro volto,
Preso in un ottagono d’insolita luce,
Avvizzirebbe, e il giovane amoroso
Esiterebbe, prima di perdere la grazia.
I lineamenti, nel loro buio segreto,
Sono di carne, ma fate entrare il falso giorno
E dalle labbra le cadrà stinto pigmento,
La tela della mummia mostrerà un antico seno. Mi fu detto: ragiona con il cuore;
Ma il cuore, come la testa, è un’inutile guida.
Mi fu detto: ragiona con il polso;
Ma, quando affretta, àltero il passo delle azioni
Finché il tetto ed i campi si livellano, uguali,
Così rapido fuggo, sfidando il tempo, calmo gentiluomo,
Che dimena la barba al vento egiziano.
Ho udito molti anni di parole, e molti anni
Dovrebbero portare un mutamento.
La palla che lanciai giocando nel parco
Non è ancora scesa al suolo.
(da Twenty-Five Poems, 1936)
Il poeta gallese Dylan Thomas (1914-1953) non è mai stato catalogabile in una corrente letteraria: i suoi versi sono un labirinto di immagini in cui si può ravvisare un po’ di tutto, dal surrealismo al simbolismo, dal romanticismo al modernismo. Costante è però la sua ossessione tematica per il tempo, per l’unità di ogni vita nel suo processo, per il legame tra le generazioni in un continuo ciclo di vita e di morte. È bellissima questa immagine della palla lanciata in gioventù e ancora in aria: la bellezza di chi sa sentirsi ancora bambino con il cuore.

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