E’ venerdì mattina, un venerdì mattina come altri. L’ultimo prima che ricomincino le lezioni del mio ultimo semestre padovano. Fuori c’è il sole, la primavera ha deciso di stupirci tutti e passare di qua prima del tempo anche se io non mi farei ingannare: siamo ancora dentro all’inverno e temo durerà ancora un bel po’. Nel dubbio continuo ad accedere il fuoco.
Sto seduta in corridoio, dove posso assorbire tutta questa luce perché ce n’è bisogno per compensare il labirinto buio che ho dentro. Ascolto i Sonata Arctica e riguardo vecchie fotografie. Così passo il tempo, così mi tengo lontana dal presente e lontana dal futuro.
Il fatto è che, scorrendo l’album dei ricordi, vedo lì davanti a me tutto quello che ho perso, di me, degli altri, di tutto. Mi chiedo che senso ha spogliarsi delle paure e oltrepassare i propri limiti per avvicinarsi, per costruire, per vivere se poi tutto va ad infrangersi.
Ci si trova lì, esposti e disarmati, e non è più possibile fare niente. Non siamo artefici della nostra vita, possiamo agire, fare, muoverci certo, ma non sarà mai abbastanza perché non sono le nostre azioni ad essere sole, siamo noi. Solo e soltanto noi. Mancanze e perdite, solo mancanze e perdite. E invece tu dici che non hai più voglia di me, e invece tu dici che non hai più tempo per me… più tempo per me… Quello che volevo, come sempre non c’è! Solo un po’ d’amore che diventa polvere che almeno fosse stata magica, la buttavo su di te… e invece in mano ho una lettera, due rose e una canzone ancora da scrivere… E non mi riesce facile parlare di questo sopratutto adesso, sopratutto adesso che non c’è…
Ps: e se facessimo finta che marzo non è ancora cominciato e oggi è il 31 febbraio e quindi tutto ciò non esiste?
Lisa