“Qual è ’l geometra che tutto s’affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando,
quel principio ond’elli indige “
Paradiso 33°, 133-135.
Sicurezza e libertà, dicono che siano difficilmente tenute insieme. Alcuni postulano che a maggior sicurezza bisogna rinunciare a un po’ di libertà. Lo sostengono come un assioma, come una verità celeste. Ma non è così. Sicurezza fa il paio con la prevenzione. Le cinture di sicurezza aiutano, i caschi protettivi aiutano, ma soprattutto la correttezza nella guida aiuta di più. D’altra parte lo dice un vecchio adagio, prevenire è meglio che curare, tutto il resto è accademia, nella migliore delle ipotesi, e nella peggiore è una presa per i fondelli. Così pure il fatto che dopo le elezioni il tema “sicurezza” non sia più all’ordine del giorno, o non stia al vertice delle preoccupazioni di chi ci governa è dimostrato dal fatto che le scorte le tolgono a certe persone, ma non a chi ha il timone del potere in mano. La storia ci ricorda gli immortali di Serse, i pretoriani degli imperatori, i cavalieri degli imperatori medievali o le guardie scelte per la protezione di re, come i corazzieri, attuali protettori del presidente della repubblica italiana (il minuscolo è voluto). Le auto blu al servizio, a volte, pure delle concubine. Non certo delle persone inermi. Sicurezza di chi e con che mezzi? Sicurezza presunta, ricercata, e insicurezza certa presente tra i deboli. Candidati a subire ogni genere di angherie, dal furto all’omicidio, dalle percosse allo stupro. Forse è tempo di far dipendere la nostra sicurezza più che dalle parole altrui, da azioni consone nostre. È pur vero che vivendo in società un valido sostegno può venire anche da chi condivide la nostra stessa situazione, in pratica il primo baluardo di un popolo è il popolo stesso. Se però in esso viene immesso il germe dell’insicurezza importata, per dominarlo meglio, magari giungendo a una guerra tra poveri, allora siamo messi molto male e la reazione deve essere pronta, senza aspettare il peggio, il quale certamente arriverà. Secondo me non per il presunto far west, paventato da certi giornalisti ‘clarinetto’, che ci sarebbe in Italia, qualora molti di noi avessero a disposizione mezzi di difesa più efficaci delle parole dei ‘governanti’. Esso è già presente da decenni sul nostro territorio, si veda i vari gruppi di criminali autoctoni o importati dall’estero i quali dispongono di arsenali e mezzi offensivi tali da fare invidia a certe forze armate. Forse si teme un popolo armato perché si ha la coscienza sporca, perché si è più rapaci degli stessi ladri e assassini che angariano gli inermi. Anche perché quando i soprusi raggiungono la misura e se ne ha fin sopra i capelli si teme che i cittadini possano passare alle vie di fatto contro chi li spolpa. Oltretutto se mettersi nei guai è disdicevole, mettere nei guai i propri amministrati è criminale. Attualmente assistiamo alla ripetizione di favole ormai consunte, riproposte dai ‘megafoni’ dei sostenitori del potere, i ‘clarinetti’ che sanno come stanno le cose, ma da una parte la tengono per sé e dall’altra essendo al soldo del ‘padrone’ sono in combutta con esso. Propinano con i mezzi di stampa ciò che a essi vien detto di dire. Poi si possono installare quante telecamere di sorveglianza si vogliono, ma se si legano le mani ai primi destinatari dei benefici che tali mezzi danno, non vedo l’utilità, fuorché un po’ di fumo negli occhi. Si possono pure creare ronde, utili, ma se prive di mezzi effettivi, anche qui altro fumo. Insomma mai mi schiererò dalla parte di Caino e dei suoi sostenitori paludati di perbenismo, col c. degli altri. Per non parlare di certe sentenze opera di certi magistrati, e di certi provvedimenti, sconcertanti, di certi pubblici ministeri, le quali cose mi lasciano molto perplesso che siano essi al servizio del popolo e operino per il suo bene. Ultimo il caso del neopatentato drogato che ha ucciso una giovane signora, come se ucciderla sia stato un atto da poco e perciò lo stesso è stato lasciato libero: un processo per direttissima e in carcere di filato sarebbe stato molto più istruttivo. Anche perché il ‘poerì’ col sederino degli altri non è molto educativo. Se a tutto questo aggiungiamo l’articolo 13 “la libertà personale è inviolabile” e l’articolo 14 “il domicilio è inviolabile” della nostra costituzione e li compariamo con la situazione attuale di molti nostri concittadini più che essere fieri di questo testo fondamentale se ne trae una sensazione di canzonatura bell’e buona. Anche noi, d’altra parte, come il geometra, se indaghiamo, troviamo che non si può arrivare alla quadratura del cerchio, alla società perfetta. Ma la possiamo approssimare come fa un buon geometra, sapendo egli che il valore del Pi greco è superiore al
3,14 scolastico, ma è inferiore al 3,15, una differenza molto piccola, eppure tra i due vi sono infinite cifre. D’altra parte al di là delle belle frasi fatte resta la situazione presente, perciò “si vis pacem para bellum”, che non vuol dire essere guerrafondai, vuol dire vigila perché “il nemico è alle porte”, come dice bene il titolo di un film, porte interne e porte esterne.
Per me resta valida la regola aurea … ma se qualcuno ti dà uno schiaffo bisogna che gliene renda due, uno per pareggiare i conti e l’altro per fargli capire cosa è un’ingiustizia: è un fatto educativo, nient’altro. L’offrire l’altra guancia, evangelicamente, sarà pure meritorio per il paradiso, ma tra uomini il più delle volte porta a un’infinità di guance da offrire. Un aneddoto: anni fa un giovane bancario sbottò con una frase che sulle prime trovai molto volgare “è bello essere froci col culo degli altri”, (la dirigenza dell’azienda presso la quale lavorava aveva deciso di devolvere il denaro per la strenna natalizia in beneficenza), ma riflettendovi col tempo la frase risultò essere molto incisiva, e di tanto in tanto mi guardo attorno, soprattutto quando vedo dei buoni col borsellino altrui, e vedo che è una frase molto pertinente. Perché di questi signori e signore è pieno il mondo: dal Quirinale in giù, dalla Casa Bianca in giù, dal Palazzo di vetro in giù, ecc. . Chi vuol fare del bene al prossimo non necessita di grancasse, mentre chi lo fa fare agli altri le utilizza sempre. Una delle cause, volute, dell’attuale insicurezza sembra essere la presenza di molte persone provenienti dagli altri continenti, di sicuro vi saranno tra esse delle persone a modo, che necessitano di aiuto, ma le persone a modo non uccidono, non commettono reati, bussano alla porta, e infine se l’Asia e l’Africa, con le loro estensioni territoriali riversano questi ‘migranti’ sull’Europa una ragione ci sarà e c’è e si vede. A buon intenditor poche parole. Perché basta chiedersi “cui prodest?”, a me non giova e a voi? Persona fa il paio con la sua libertà, ogni persona è un valore, tutte sono un valore, se poi vi è chi ritiene che una valga più di un’altra allora il baratro è aperto. Di solito chi fa il bene non si fa annunciare dalle fanfare, mentre chi ci vuol gabbare utilizza la grancassa e il borsellino altrui. Se al governante sta veramente a cuore il popolo, dal singolo al suo insieme, faccia le opere congrue, queste danno validità al suo dire. Il buonismo imposto per legge è un’altra tassa, un’altra gabella a carico del solito contribuente, come se non ne fossimo oberati abbastanza. Tutto questo perché mettersi nel pericolo è da stupidi, e il fatto che questo accada per volere di chi ci governa, in Italia, in Europa, nel mondo, non toglie che la stupidità suffragata dai fatti sia tale. R. Nozick ha scritto: “ lo stato non può usare il suo apparato coercitivo allo scopo di far sì che alcuni cittadini (i soliti contribuenti) aiutino altri” e aggiunge “ come individui, ciascuno di noi a volte preferisce sottoporsi a sacrifici, privazioni, in vista di ottenere un benessere maggiore (farsi la casa, acquistare un’auto, ecc)”, ma che i sacrifici li si faccia a fondo perduto questo è dir poco insensato. A che numero dobbiamo arrivare per dire basta allo scandaloso commercio di carne umana messo in piedi dai negrieri attuali, con la complicità dei governanti parassiti? Seneca esorta Lucillo a tornare in sé, il figliol prodigo tornato in sé s’avvede dello sbaglio commesso, il re, citato da san Luca, si siede e riflette se col suo esercito avrà successo contro un esercito superiore per numero. Anche a noi serve tornare in noi, la mente, le esperienze personali, servono per ponderare e vivere meglio. Il dado è tratto, giorno per giorno, passare o non passare il Rubicone? A noi l’arduo passo per essere chi vogliamo essere.
Armando Tomasi 18-5-2016