Riguarda il concetto stesso del voler bene. Di solito si predica ai fidanzati, che amare significa donarsi, e noi ci riempiamo la bocca di donarci e dimentichiamo l’altra metà che è la più importante, che è il saper ricevere.
Parliamo di S. Valentino, se ciascuno dei due voleva dare e nessuno ricevere come andava a finire? Il gioco si bloccava. Cioè se uno sta regalando qualcosa, sta donando, è sotto inteso che dall’altra parte c’è qualcuno che riceve, ed è anche abbastanza ovvio che se l’altro è contento del mio regalo, io sto ricevendo a mia volta. Quindi il dare e il ricevere sono molto mescolati…
Un altro esempio: ci sono le mogli di una certa età, sui 60 anni, che a volte escono con queste espressioni, “io sono stata una brava moglie, mai detto di no a mio marito”. Loro intendono a letto. Questa moglie pensa di aver donato molto a suo marito perché ha sempre detto di sì a letto, in realtà questa moglie sta dicendo un’altra cosa che lei non sa, questa donna sta giocando con suo marito al gioco del più bravo. Chi è stato più bravo fra me e te?
Sotto inteso… “sono stata io”, perché sono sempre stata io a dare qualche cosa, tu a me che cosa hai dato? Niente, perché io a letto non te l’ho mai chiesto. E’ amore questo qua? Le donne che non chiedono a letto, non è che non desiderano, spesso desiderano ma non chiedono, perché se chiedono devono poi riconoscere di aver ricevuto qualche cosa, e magari dire anche grazie al marito.
Come sarebbe bello dirci a vicenda tutti e due alla fine, “ti ringrazio che hai fatto l’amore con me”, ma se io non te lo chiedo mai sono sempre in credito, cioè sono stata più brava di te. E’ amore questo qua?
Poi ci sono donne di questo tipo, provate a fare un regalino a certe mamme: “non dovevi disturbarti, non dovevi spendere soldi, tienilo, tanto io non ne ho bisogno”. La fatica di ricevere, le donne vogliono solo dare per sentirsi brave, questo non è amore. Allora è vero che amare è perdonarsi, ma è anche, e io dico soprattutto, ricevere. Apprezzare quello che l’altro ci da, nel modo in cui ce lo sa dare, perché la persona che sposiamo non ci amerà esattamente come noi lo desideriamo.
Dopo un po’ di anni di matrimonio e di faticaccia forse ci si avvicina ad amarci come desideriamo, fargli dei complimenti e renderlo migliore. Se il marito esce con la camicia e i calzini non a posto, non abbinati, la moglie cosa dice? “Cambiati che mi fai fare brutta figura”. Ed è anche vero. Ma se mio marito dopo un anno, tre o cinque di matrimonio non è migliorato come persona, lì sì che faccio una brutta figura, perché il più bel complimento che possono farci è: “da quando è sposato è diventato un uomo più in gamba”. Lì sì che faccio una bella figura, perché significa che posso ricevere. E se è valido per un bambino che per farlo crescere bene, gli facciamo i complimenti, perché non deve essere vero per un marito o per una moglie? Uno cambia più volentieri con un complimento che non con un pugno nello stomaco, critiche, osservazioni.
Questa margheritina la troviamo nel vangelo quando Gesù dice: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, siccome noi siamo tutti masochisti, quel “come” lo abbiamo tradotto con “più” di te stesso. Ma Gesù non dice “più” ma “come” ami te stesso. Sottinteso che se non amo me stessa, agli altri arriverà poco. E il prossimo più prossimo per noi chi è? Il marito e la moglie. Per cui ama tuo marito come ami te stessa. Sottinteso che se non amo me stessa il marito lo ami ben poco. Quindi l’amore che opera in me stessa è la misura dell’amore che arriverà anche agli altri. E siccome noi sappiamo che saremo giudicati sull’amore per gli altri, cioè sulla carità, e l’amore per gli altri dipende dall’amore che ho per me stessa, quando io arriverò là sopra, Dio mi chiederà questa cosa qui: “Ma tu quanto ti sei voluta bene?” E noi pensiamo al giudizio di Dio, al Dio che castiga, punisce (poi arriviamo al concetto di vendetta di Dio, perché non hanno capito niente del Vangelo); in realtà quando noi arriveremmo là, Dio sarà per noi come uno specchio grandissimo, lucidissimo, in cui ciascuno di noi si vedrà esattamente com’è. Quindi sarà una cosa bella.
C’è una frase nell’antico testamento e là è scritta in negativo: “Non fare all’altro quello che non vuoi che sia fatto a te”. Gesù prende questa frase e la trasforma in positivo, “fai all’altro quello che vuoi sia fatto a te” cioè non basta non fare, bisogna anche fare qualche cosa di buono. Applicato alla coppia, “fai a tuo marito quello che vuoi che tuo marito faccia a te”. Quindi beghe, litigi…, “perché non mi corteggi più?”, ma taci!, comincia tu a corteggiare a tuo marito, sicuramente capisce prima. Rotture di scatole perché non mi fa più sorprese, sai che a me fanno piacere le sorprese. Ma se rompi le scatole a tuo marito sulle sorprese, la prima volta che te ne fa una, non saprai mai se te l’ha fatta perché ne aveva voglia lui o perché gli hai rotto le scatole.
Ti rovini la soddisfazione della sorpresa, quindi sta zitto, taci, comincia tu a far le sorprese a tuo marito. Questo vale anche a letto. Noi donne pretendiamo che il marito capisca quello che fa piacere a noi senza dirglielo.
E’ il massimo della pretesa. Anche qui, una sera prendi tuo marito e digli, ascolta stasera stai fermo, ti faccio vedere io quello che mi fa piacere, non è più veloce così?
Belotti