A Milano, la Libreria del Corso chiude. L’altro ieri mi è arrivata una mail che diceva di usufruire dei “punti fedeltà” sulla mia tessera entro il 31 maggio. Ho preso la macchina e sono andata in corso Buenos Aires 39 nella speranza che fosse un allarme invece di un funerale. Però poi sono entrata in libreria come si entra in chiesa; col cappello in mano, se avessi il coraggio di portare il cappello. L’unica cosa che sono riuscita a proferire, col tono della cospirazione, è stata: “Ho ricevuto la mail”. I commessi avevano tutti gli occhi lucidi. Annuivano con la definitività delle decisioni prese. La Libreria del Corso chiude.
Al mio secondo “Mi dispiace tantissimo”, la mia amica libraia è esplosa: “Ti spiace, Jù? Anche a
me, e non perché sarò un’esodata, ma perché non farò mai più la libraia dopo 25 anni che consiglio scrittori che ho letto. Da giorni assistiamo alla processione di clienti “tantissimo dispiaciuti”. E in quest’anno di crisi durissima? Dove eravate quando avevamo bisogno?”
Mi sono vergognata come quando da bambina rubavo i cioccolatini e poi venivo sistematicamente scoperta, sentita una schifezza, scoperta piena di colpa. Uscendo ho pure visto il libro della mia amica Chiara Gamberale in bella mostra e mi sono sentita ancora peggio.
Perché io compro anche online, certo, e vado a caccia di sconti e compro usato; però poi per farmi ispirare, consigliare, anche solo fare due passi, le librerie mi mancano terribilmente. Per un istante penso che forse comprare online è non dover mai dire “mi dispiace”.
Oggi un’amica libraia mi ha mandato un lungo messaggio che inizia così: “La libreria attraversa un momento di difficoltà…”.
Ho proseguito con un groppo in gola e una sola certezza: “Ecco, chiude anche la Ubik di Parma,
non attendere la fine del messaggio per sentirti una schifezza”. E invece il messaggio era una richiesta: “Aiutateci! Oppure siamo spacciati”. Ecco, questa volta c’è un po’ di tempo, stavolta si possono fare delle cose per salvare questa libreria. Non ultimo, andare lì a comprare dei libri, godere del servizio di migliaia di bravissimi librai che sono tutti, chi più chi meno, strozzati dalla crisi, in procinto di chiudere, ma fermi nella loro missione di “spacciatori di sapere”.
Io oggi so di questa libreria di Parma, ma ognuno di noi sa di molte altre librerie prese nella morsa
della grande distribuzione, dell’online e del drastico calo delle vendite dell’intero settore cultura. So bene che ci sono problemi più urgenti che riguardano la fame, la salute, l’affitto e tante altre cose, però l’impoverimento culturale ha solo minori conseguenze nell’immediato: sul lungo periodo lo pagheremo a prezzo salatissimo e con molto, moltissimo dolore. Sapere le date di quando scoppiano le guerre o le bombe è importante, riconoscere le vigilie delle tragedie è più difficile ma può anche essere utile a evitarle o limitarne i danni.
La buona notizia, per i librai indipendenti italiani, è che i due principali pericoli per la loro sopravvivenza, l’ebook e la grande distribuzione, non sono poi così minacciosi.
Secondo l’Association of American Publishers, le vendite di ebook sono calate del 15 per cento
dall’inizio del 2016 ( e meno male!, aggiungo io). Erano il 20 per cento del totale qualche anno fa e lo sono ancora oggi: la valanga digitale si è fermata. Il lettore contemporaneo è “ibrido”, otto su dieci libri che compra hanno ancora pagine di carta da sfogliare. In Italia gli ebook sono su percentuali molto più basse, il 3%, secondo l’Associazione italiana editori, ma con una crescita del 25%: quindi forse arriveremo anche noi intorno al 20% e ci fermeremo lì. Il secondo motivo di fiducia per i librai arriva dai dati Nielsen sul mercato italiano: crollano le vendite nella grande distribuzione (-15%), calano nelle catene (-4%) ma aumentano negli oltre duemila piccoli negozi (+2,5%). Questo è l’ottimismo dei numeri, la realtà su strada però è diversa: decine di città italiane hanno dovuto dire addio a una libreria storica. Ha messo il cartello “Torno subito” sulla porta della sua Patrizio Zurru, ma Piazza Repubblica Libri non tornerà e Cagliari ha un libraio in meno. Stesso destino per Zannoni a Padova (aperta nel 1986), per Milano Libri (50 anni di storia) e per la Libreria delle Moline a Bologna. Alcuni hanno fatto come la Ubik di Parma: un appello all’unico supereroe che può salvarle, il lettore. Per Bocca a Milano e Libri e Formiche, sempre a Parma, ha funzionato. Insomma, tocca a noi: indossiamo il mantello, facciamo un blitz ed entriamo in una libreria.
Le merendine crostatine al cioccolato che arrivavano a scuola sbriciolate, Anna Magnani in Roma città aperta, la casa e il salame di cioccolato della nonna, Holly e Benji, Sailor Moon, Candy Candy e Georgie, Friends, la 5L e la prof Irene Sestili, i giri del paese la domenica mattina, il rumore della matita sulle pagine di quaderno, “costruire è saper rinunciare alla perfezione” l’odore del pane in terra straniera, i telefim osceni dell’ora post pranzo, le coincidenze assurde che sembrano costruite apposta per te, la prima volta che ho visto mio nipote, il mare la sera, gli sguardi belli incrociati per caso, le collezioni di cose inutili, la libertà di certe persone che vorrei riuscire ad avere anche io, le Galatine rubate in farmacia…e tutte le
piccole anomalie che hanno reso ogni giorno diverso dall’altro e che spero continuino a farlo. Nel frattempo cresco e mi impegno sul serio. Voi, se potete, statemi accanto. Abbracciotti forti,
J.
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