Era una fredda mattina di fine novembre, stavo spazzando via le foglie, che, spinte dal vento si erano posate sulla soglia di casa. Dovevo velocizzarmi: faceva freddo e non volevo tardare a scuola. Presi la mia cartella ed incamminandomi attraverso il viale tempestato di sassi e buche pensavo alle decorazioni di Natale e dove l’avrei trascorso. A scuola, durante le ore di lezione, sentimmo un gran trambusto e delle urla, senza badare ai rimproveri dell’insegnante andammo a vedere cosa stesse succedendo: alcune ragazze della classe di fianco alla nostra venivano trascinate fuori per i capelli da alcuni nazisti. La faccenda sconvolse tutti e parecchio, tanto che il resto della mattinata nessuna di noi era attenta alle lezioni che ci venivano spiegate ed anche se, l’insegnante non lo dava a vedere, era scomposta pure lei nelle interpretazioni. Tornai a casa amareggiata chiedendomi se ciò che vidi a scuola era una cosa da raccontare ai miei o tenerla assolutamente all’oscuro da tutti. Giunta nel cortile di casa il cane del vicino abbaiava furiosamente, mi avvicinai a lui per farmi riconoscere, ma invano; cercava disperatamente di liberarsi dalla catena che lo teneva legato alla cuccia. “Chissà che gli avrà preso” pensai. La porta di casa era spalancata! Vi entrai e… Che disordine! I mobili erano tutti per terra. Il mobile dove il papà ci aveva messo tanto impegno e tempo per farlo apparire più bello. Il vaso rotto, quello che piaceva tanto alla mamma. Corsi dal vicino, stessa cosa. Cos’era accaduto? Dov’erano i miei famigliari ed i miei vicini? Stavo correndo al di fuori del mio cortile, quando sentii degli spari e un uomo che urlava:-Halten!- (Fermati!) In casa mia scesero dai piani superiori dei soldati, la paura era troppa, ma la voglia di sapere cosa fosse successo, la soffocava, così mi misi a correre verso di loro. Un uomo robusto, mi guardò e mi puntò la pistola, caddi in ginocchio e urlai :-No, aspetti la prego. Pietà, per favore!-, ma loro non sapevano cos’era la pietà, avevano persino la crudeltà di uccidere dei malati psichici della loro società, la crudeltà di uccidere membri della propria famiglia, ma sentivano il profumo del sangue e a loro piaceva, a loro piaceva vedere il cuore delle madri spezzarsi perché strappavano loro i figli dalle braccia. Tutto questo mi percorreva nella mente, mentre avevo un buco nero dinanzi a me, un buco in cui non c’è luce né via d’uscita. Mi coprii gli occhi con le mani ed attesi la morte vicina.
Marta Ravasio
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