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Reggere la complessità

Oggi, in ospedale, due madri mi parlavano dei loro figli ricoverati. Situazioni molto diverse, ma accomunate da un fatto: entrambe mi parlavano di un figlio che era nel loro cuore, e molto meno nella realtà. Vedere lo scollamento tra la loro realtà interiore, la loro percezione e la realtà concreta, non filtrata dalle loro emozioni, fa molto effetto. Eppure questa distorsione appartiene alle possibilità della nostra mente, e nessuno ne è indenne. Ciò che vediamo è sempre filtrato da ciò che siamo, da ciò che pensiamo, dalle emozioni che ci abitano e che colorano le lenti attraverso le quali vediamo il mondo.
Siamo depressi, e ciò che vediamo si tinge di tinte fosche, di sconforto, impotenza, limite. Siamo felici, così speranza e fiducia ci fanno vedere possibilità dove ieri vedevamo porte chiuse. Ogni stato d’animo è una lente, ma anche i nostri pensieri sono lenti, così come i valori, i giudizi e i pregiudizi…
Non ci pensiamo mai abbastanza, e crediamo di essere più razionali ed oggettivi di quel che in realtà siamo. Quel che possiamo fare per correggere il tiro è perlomeno cercare di essere consapevoli delle lenti che abbiamo, il che non è affatto facile, perché perlopiù non ci rendiamo conto di averle, e neanche ci pensiamo. Vedo quel che vedo, e se lo vedo vuol dire che è vero.
Giusto, ma parziale. Questo effetto ottico è molto famoso. Che si veda la vecchia o la giovane non dipende dal nostro stato d’animo, è un fenomeno puramente percettivo. Però mostra come punti di vista diversi e contraddittori possano coesistere.
Questa immagine è per me un po’ una metafora della complessità della vita.
Quando mi occupavo di formazione, spesso in aula mostravo immagini simili e le persone si divertivano a trovare le immagini che non riuscivano subito a cogliere. Si animavano e si aiutavano a vicenda.
E questo è ciò che dovrebbe accadere: non dare per scontato che la mia visione sia l’unica, ma dialogare e provare a vedere com’è la vista dall’angolatura da cui stai guardando tu. Detta così suona semplice e persino banale. Sappiamo bene che non lo è.
Ma io credo che sia responsabilità individuale di ciascuno di noi non fermarsi al primo sguardo, approfondire, dialogare, reggere la complessità. Ci credo, e ci provo.
Sonia

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