Si è chiuso il terzetto di serate targate Fazio-Saviano, gentilmente ospitati da La7, visto che la Rai, televisione di Stato, è troppo impegnata ad evitare di raggiungere ascolti notevoli pur di non dispiacere ai piani alti con le frasi, spesso scomode, ma non per questo non vere, del duo sopra citato. Tante parole e tanti temi sono stati affrontati, anche con toni di un certo rilievo, con testimonianze di grandi personalità che hanno lasciato, negli occhi di chi ha visto la trasmissione, la voglia di vedere più spesso questa televisione di qualità. Meno reality e più realtà. Perché la realtà sa fare ascolti, sa farsi ascoltare, basta scegliere la parola giusta, basta saperla raccontare, basta avere voglia di raccontarla. Basta poco, no? Forse no, perché troppo spesso si è dimostrato che nel nostro Paese sia più facile convincere le persone con flebili illusioni, piuttosto che buttare in faccia la cruda verità. Quello che (non) ho è stata una ventata di aria fresca in un panorama televisivo spento e pieno dei soliti volti, stanchi e con le stesse frasi. Un programma che è riuscito a coniugare i contenuti alla presenza di intermezzi musicali di un certo spessore, grazie alla voce di Elisa e alle canzoni da lei scelte: due su tutte, nell’ultima serata, Halleluja e Knockin’ on heaven’s door. Alla fine di queste serate, rimane la voglia di guardarsi attorno e tirare le somme, contare quello che ho e quello che non ho. Quello che ho: la classe dirigente più vecchia d’Europa, una corruzione dilagante e un partito che fa ostruzionismo per impedire l’approvazione di un decreto che la contrasti, una politica retrograda, mentalità chiuse, la scuola pubblica ridotta al lastrico, la cultura con i fondi tagliati, Governi che hanno giurato di agire nell’interesse unico della Nazione e non l’hanno fatto, persone morte per colpa dell’amianto, tagli alla sanità e buchi in Fondazioni che ricevevano denaro pubblico, Forze dell’Ordine costrette a prestare attenzione ai chilometri percorsi per avere sufficiente carburante per garantire la Nostra sicurezza, politici con le scorte e auto blu che li vadano a prendere ogni giorno. Quello che non ho: il Paese che vorrei, moderno, avanzato, brillante, con un occhio di riguardo per i nostri ricercatori, che non perdono occasione per fuggire all’estero dove li attende un futuro brillante e, soprattutto, finanziato. Quello che ho è un Parlamento in cui sono presenti solo 20 deputati su 630 per discutere dei rimborsi elettorali, un Quirinale che costa circa 4 volte Buckingham Palace, un Paese in cui una mazzetta vale più di una laurea o anche due. Quello che non ho è un Paese in cui si difendano i diritti delle donne, viste quante ne vengono uccise, perché considerate inferiori o di proprietà di qualcuno, mentre tutto ciò che viene fatto ogni giorno è considerato dovuto e scontato. Non è così. Quello che ho è uno Stato in cui alcuni pessimi dipendenti pubblici oscurano la disponibilità, il lavoro e l’impegno di molti altri. Quello che ho è una speranza. La speranza che un giorno le cose possano cambiare. La speranza che chiunque legga abbia un elenco di ciò che ha e ciò che non ha. Per capire cosa ci manca.