“La ricerca di significato è la principale motivazione della vita dell’uomo”. Secondo Viktor E. Frankl, psichiatra e filosofo austriaco, fondatore dell’analisi esistenziale e della logoterapia, questo significato è “unico e specifico per ciascuno di noi e ognuno di noi deve e può raggiungerlo […]”. In base ad un sondaggio che viene riportato all’interno del suo libro “L’uomo in cerca di senso”, (dove racconta la sua esperienza nei campi di concentramento), l’89% delle persone intervistate ammette che l’uomo ha bisogno di qualcosa per cui vivere.
Cos’è quel “qualcosa” che cerchiamo?
Una missione o un compito da portare a termine, un lavoro da svolgere, una persona da amare, una nuova esperienza, tutto ciò che può risultare coerente con la nostra scala di valori (amore, famiglia, giustizia, rispetto, solidarietà…) e che ci permetta di riempire il cosiddetto “vuoto esistenziale”. Percepire la nostra vita ricca di significato ci aiuta a realizzare noi stessi.
Frankl ci suggerisce di ricercare il significato nel mondo più che in noi stessi: “Ho trovato il senso della mia vita aiutando gli altri a trovare il significato della propria.”
Lo stesso termine, significato, assume un ruolo importante anche nella pratica della Mindfulness, un termine inglese che si traduce con “consapevolezza”.
Come possiamo portare significato in tutto ciò che facciamo?
Partiamo dal presupposto che la parola felicità può avere due diverse interpretazioni.
Il concetto più comune è sentirsi bene, un senso più effimero che si potrebbe riassumere come una sorta di euforia momentanea.
L’altra interpretazione della felicità è la seguente “vivere una vita ricca di significato, in accordo con i nostri valori” [cit. Nicoletta Cinotti, Mindfulness in 5 minuti – pratiche informali di ordinaria felicità].
Questa sensazione possiamo coltivarla e costruirla giorno dopo giorno.
Iniziamo ad essere pienamente consapevoli di ciò che facciamo, presenti e attenti nel “qui ed ora”, ad esempio ritrovando la concentrazione e la consapevolezza nello studio e/o nel lavoro, nelle attività di cura e nell’ascolto degli altri. Spesso la sensazione è quella di avere nella nostra testa un turbine di pensieri ed emozioni, il nostro corpo è qui ma la nostra mente si trova totalmente “altrove”, quante volte ci capita?
Fermiamoci per un momento, guardiamo i nostri pensieri, ascoltiamo le nostre emozioni senza giudicarle (così come osserviamo le nuvole che attraversano un cielo azzurro) e poi torniamo, attraverso il nostro respiro, nel presente ovvero nel “qui ed ora”.
Il respiro sarà il nostro aiuto, la nostra “ancora” di salvezza, ogniqualvolta la sensazione sarà quella di trovarci all’improvviso sotto un cielo nero o in mezzo ad un mare in tempesta.
Barbara Marconi