Tempo fa mi tormentava una domanda alla quale non riuscivo a trovare risposta, perché la tristezza viene considerata un peccato dal punto di vista della fede cristiana?
Rischiando di cadere in eresia ragionavo dal mio miope punto di vista umano. Credevo che, una persona che già soffre nella vita non deve essere penalizzata nell’al di là. Mi sembrava assurdo ed ingiusto. Piano, piano ho capito di essermi sbagliata.
La sofferenza è strettamente connessa con la non contentezza. Non essere contenti significa che le nostre esigenze non si avverano e le nostre aspettative e progetti non si realizzano. Per star bene vogliamo raggiungere le nostre mete, se no, si rimane delusi e frustrati. La base di tutto questo è il nostro smisurato egoismo. Pensiamo che il mondo deve girare intorno alla nostra “felicità”. Invece no, non siamo noi il centro dell’Universo. Siamo minuscoli particelle che compongono il tutto. Posso sentirmi bene solo se trovo il mio posto in questo in questo armonioso insieme.
Il mondo è uno sconfinato, incantevole quadro.
Devo trovare il colore e la forma che mi si addicono per contribuire al suo trattamento finale.
Il mondo è una melodia di inaudita dolcezza. Devo capire quale nota sono io nel pentagramma per dare il mio piccolo contributo alla divina melodia. Il mondo è una poesia, la più bella e più affascinante che è stata mai scritta.
Devo capire quale lettera sono io per trovare il posto che mi è stato destinato. Siamo operai nel campo della divina creazione. E se non lo capiamo da soli ce lo insegnano. Perché le ferite oltre ad essere dolorose, sono anche fruttuose. Difficile da comprendere, ma indispensabile per la nostra crescita personale.
La felicità “non è un premio per la virtù, lei stessa è una virtù.” Non ci viene regalata, per lei si deve lottare, negando se stessi, lottare contro il peggior nemico che ci ostacola, il nostro stesso egoismo. Perché per salvare la propria vita, prima la dobbiamo perdere.
Darina Naumova