Sono sempre stato affascinato dai libri, sapere che tra le loro pagine si annidano storie d’ogni tipo in grado di portarti chissà dove e comunque d’arricchirti come persona mi ha sempre più avvicinato alla lettura (ed ultimamente anche alla scrittura). Perciò quando vengo a conoscenza che nei paraggi vi è la presentazione di una nuova opera letteraria, cerco di partecipare all’evento che solitamente si svolge presso una biblioteca od una sala polivalente che il comune mette a disposizione dei cittadini; è un modo per conoscere l’autore ed avere uno scambio di opinioni, trovo sempre suggestivo il sapere in quale ambito la sua opera è stata pensata e sviluppata.
Qualche settimana fa ho visto casualmente la locandina di presentazione di un libro scritto da un sacerdote residente nel mio paese natio, questo ha maggiormente accresciuto la mia curiosità riguardo la sua fatica letteraria tant’è che ne ho parlato sia con mia moglie che con mia figlia ed entrambi quando ho nominato il suo nome (che non posso scrivere per questione di privacy) mi hanno detto che non gli suonava nuovo. La mia figliola ha fatto una piccola ricerca sul telefonino e ne è comparsa una nutrita biografia sugli straordinari studi teologici di questo religioso autore già di diversi scritti, nel vedere la sua foto si è detta convinta d’averlo già visto tanti anni fa come sostituto del nostro parroco di allora, anche se per esserne sicura avrebbe dovuto ascoltare la sua inconfondibile voce cavernosa. Visto che la presentazione del suo libro era proprio la domenica successiva gli ho detto di unirsi a me e la mamma, ma aveva già promesso alle sue figliole che le avrebbe portata al cinema, e così siamo andati solo io e mia moglie, incuriositi anche dal fatto che il sacerdote presentava la sua ultima fatica letteraria in una chiesa, nemmeno tanto strano visto che il libro parla di redenzione.
Arrivati a destinazione siamo entrati in una chiesetta molto graziosa, parecchie le persone presenti che, è il caso di dire, hanno ascoltato in religioso silenzio; dopo una breve presentazione dell’editore ha preso la parola il don rimarcando che le circa 600 pagine del copioso volume gli erano costate cinque anni di studi e fatica. Quando ha iniziato a parlare, mia moglie non ha più avuto dubbi: era sicuramente lui il prete che assieme a nostra figlia aveva ascoltato tantissimi anni prima, la sua voce profonda, lugubre, tenebrosa non lasciava alito ad alcuna incertezza. Gli argomenti trattati erano delicatissimi: come redimersi per trovare il Paradiso dopo la morte fisica, perché alcuni sviluppano i tumori ed altri no… – Mi fermo qua perché come si evince gli argomenti presi in considerazione erano di fortissima rilevanza; la voce profonda e d’oltretomba del sacerdote mi ha fatto venire la pelle d’oca, anche perché molte volte è stato nominato Satana. La riunione è durata poco più di un’ora, ma contrariamente a come faccio di solito non mi sono avvicinato all’autore per innescare un proficuo dialogo, ero talmente terrorizzato (idem mia moglie) che siamo usciti subito dalla chiesa, dove abbiamo avuto modo di ascoltare i commenti di una decina di persone anche loro esterrefatte.
Io non metto in dubbio gli altissimi studi teologici svolti dal sacerdote ed ammetto con una certa serenità la mia ignoranza riguardo questa delicata materia, ma il credere fermamente di aver individuato il modo certo e la chiave per aprire le porte del Paradiso; divulgarlo in una chiesa usando frasi e parole come fossero frustate, a me non è affatto piaciuto. Sono rimasto talmente scosso che in seguito ho sviluppato terribili incubi; ero già sofferente d’insonnia per conto mio, adesso appena arrivo alla fase REM sento rimbombare in testa: Inginocchiatevi!! Pentitevi!!
Ora capisco perché mia figlia (tanti anni fa) non voleva più andare a catechismo (quando questo don sostituiva il nostro parroco) e pensare che non gli credevo quando affermava che i ragazzini erano da lui atterriti, questo di per sé è un enorme controsenso, Gesù Cristo adorava i bambini, non penso proprio si sarebbe mai sognato di spaventarli con frasi terrificanti. Come già detto sopra non ho una grande cultura in fatto di studi teologici, però avendo avuto una sorella di mia mamma Suora (dell’ordine Dorotee) ho potuto frequentare molti conventi dal di dentro, conoscere molte Madri Superiori dotate di una intelligenza straordinaria (la mia stessa zia in vita sua aveva conseguito diverse lauree, anche se non se ne vantava mai).
Quando a 86 anni venne trasferita a Castell’Arquato (borgo medievale di indicibile bellezza) in un Convento adibito a casa di riposo, ho avuto il grande piacere di conoscere una Suora Madre (la “capa” della struttura) di una simpatia, cordialità e cultura addirittura disarmanti; era bergamasca e la sua gigantesca statura ( ben oltre il metro e ottanta, tanto per dare un’idea) avrebbe potuto incutere un po’ di timore, ma il viso dolcissimo, gli occhi blu zaffiro e quel suo perenne sorriso ti mettevano subito a tuo agio, era figlia di contadini ed appena saputo che ero contitolare di una azienda agricola mi bersagliò con mille domande, voleva sapere tutto sulla moderna gestione di una fattoria e fu talmente incuriosita dalle mie risposte che appena fu possibile si fece accompagnare dalla Suora infermiera, unica a poter guidare l’auto (una Consorella quarantenne laureata in medicina che si occupava della salute di tutte le ospiti del Convento, l’età delle 26 Suore occupanti questa particolare Casa di Riposo, variava dagli 84 ai 102 anni), a visitare una moderna azienda agricola distante pochi kilometri dal Convento. Quando incontrai la Madre Superiore la volta successiva all’escursione nel cascinale, mi raccontò per filo e per segno tutto quel che aveva visto nella moderna fattoria con un entusiasmo da bambina, il titolare dell’azienda gli aveva regalato parecchie bottiglie di latte appena munto e lei nel bere quell’ “oro bianco” dal sapore così intenso era ritornata alla sua fanciullezza, a quando suo padre gli riempiva una tazza mungendolo direttamente dalla mammella dell’animale.
Negli 8 anni di permanenza da parte di mia zia in questo Convento, ho avuto modo di avvicinarmi ad un mondo che conoscevo solo in piccola parte, andavamo a farle visita (con tutta la famiglia) all’incirca una volta al mese, i nostri incontri avvenivano o nel piccolo soggiorno, o in giardino oppure nella “cella” di mia zia ( piccole stanzette arredate da un armadio, un letto, uno scrittoio ed un piccolo tavolino, come centrotavola vi era un vasetto contenente olii essenziali di fiori di campo aspersi nell’aria tramite dei bastoncini (mia moglie la riforniva ogni volta con una boccetta nuova di essenze), sembrava di stare in mezzo ai campi, ed è proprio questa sensazione che mia zia voleva ricordare (la splendida infanzia trascorsa ad Asola in aperta campagna).
La cameretta seppur spoglia, non era triste né tanto meno cupa, come del resto tutto il Convento nonostante le religiose non disponessero di radio, televisione e neppure del telefonino (unico telefono fisso era in corridoio e veniva usato solo per i casi di emergenza) praticamente di tutti gli svaghi che noi comuni mortali riteniamo indispensabili, non risentivano affatto di queste mancanze, anzi, splendeva nei loro volti una luce di gioia, una serenità che dal di dentro traspariva dai loro sinceri sorrisi.
Ci tengo a precisare che le Consorelle non erano isolate dal mondo esterno, sul tavolo del soggiorno vi erano sempre molti quotidiani, si tenevano sempre aggiornate sugli ultimi avvenimenti, inoltre le Suore che ancora godevano di buona salute, non esitavano a portare aiuto e conforto agli anziani soli non autosufficienti del paese.
Vivevano soprattutto della carità degli Arquatesi, (persone veramente di grande cuore) mia zia mi raccontava che il fornaio gli portava il pane ma non voleva assolutamente essere pagato, chiedeva solo una preghiera per la sua famiglia, così pure il fruttivendolo, molte volte arrivavano delle offerte anonime che le religiose giravano alle persone disagiate del paese; trattenevano per loro solo il necessario per vivere, tant’è che una volta mia zia mi ha chiesto se potevo pagare la bolletta del telefono del Convento (onde evitare che gli venisse staccato), all’ingresso in portineria, c’erano 2 cassettine per la raccolta delle offerte, una destinata ai bambini del terzo mondo, l’altra per i poveri del borgo, ma le Sorelle non le avrebbero mai aperte per pagare la bolletta, per loro era un sacrilegio sottrarre fondi ai più bisognosi; e così sono stato ben contento di saldare il loro “debito”. Intendiamoci, si trattava solo di 50 euro ed io (nonostante potessi), non ho lasciato un centesimo in più, tant’è vero che mia moglie in macchina ha subito sottolineato che sono un grandissimo spilorcio.
Purtroppo non posso dargli torto, d’altronde quando uno nasce stronzo difficilmente muore Santo, unica consolazione è che dal letame nascono i fiori. Sono trascorsi esattamente 10 anni dalla scomparsa di mia zia Suor Brunamaria Ghidelli, e ne sento fortissima la mancanza, grazie a lei non solo ho potuto assistere in prima persona ad un Miracolo (tra i 70 riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa), ma ho avuto modo di conoscere la Fede dal di dentro, nel cuore di quei luoghi ove normalmente si osserva solo la struttura esterna, ho percepito dagli occhi di queste straordinarie meravigliose donne (mi riferisco alle Suore conosciute nei vari Conventi) una pace, una serenità interiore, una particolare luce che ti riscalda il cuore, io l’avrei voluta accumulare per usare nei momenti più bui della vita ma non sono mai riuscito a trattenerla a lungo, è come la fiammella di una lampada ad olio, se non aggiungi liquido non puoi pretendere che la luce permanga, sono convinto che queste donne grazie alla loro quotidiana preghiera, ed aver aperto totalmente le porte dell’anima a Dio abbiano trovato un ponte tra la terra e il cielo, un collegamento con il più grande distributore di olio per anime spente.
Ricordo bene quando la zia ci salutò per l’ultima volta al suo novantaquattresimo compleanno (se ne andò 3 giorni dopo), era particolarmente felice, noi parenti ascoltavamo allibiti il suo addio (come facesse ad essere certa della sua imminente partenza, questo non lo so), mi avvicinai al suo viso e la fissai negli occhi come ad interrogarla, mi prese la faccia tra le sue mani e con un sorriso immenso: “Giordano mi raccomando, sto per incontrare il mio Sposo, nessuno dev’essere triste !” –
Avvisati della sua morte, io, mia madre e mia figlia siamo andati appena possibile a Castell’Arquato, intenzionati a ritirare gli effetti personali della zia, ma nella sua cella non vi era più nulla, a me interessavano moltissimo i tanti volumi scritti di suo pugno con la stilografica; le sue riflessioni, i suoi pensieri, le sue meditazioni, le sue tante stupende poesie; ero riuscito un paio di volte a darci un’occhiata, aveva una grafia di bellezza rara, i suoi ghirigori d’inchiostro ornavano le parole come fossero fiori, magari in quei volumi vi era scritto il senso della vita; ho provato a chiedere alla Madre se potevamo tenerli noi, ma gentilmente ci rispose che andavano a far parte della privata biblioteca del convento. Che peccato, quelli si che avrei voluto leggerli; vi erano forse annotati i dialoghi con Gesù? Chi lo sa. Posso affermare che la religione “assorbita” nei vari Conventi cui sono stato, non ha mai avuto toni inquisitori ( contrariamente al don sopra citato), nonostante molte volte pungolassi queste Religiose con argomenti molto forti (aborto, sesso, guerre ecc.) riuscivano a mantenere un tono calmo fornendomi risposte di tale intelligenza a cui non riuscivo controbattere. Trovo sia un vero peccato che le donne non possano fare il Prete, sono fortemente convinto apporterebbero un grande contributo alla Religione Cattolica; ho conosciuto Suore la cui elevatura culturale mi ha letteralmente affascinato; Religiose in grado di spargere piccole stelle nell’animo di persone affrante, sofferenti, sole, di dare un senso ove un senso sembrava impossibile trovare.
Giordano