…PER IMBOTTIRE STIVALI CONTRAFFATTI Torniamo ancora una volta a parlare del binomio pellicce-torture sugli animali, questa volta per catalizzare l’attenzione su un tipo di stivali che sta andando moltissimo di moda negli ultimi anni. Stiamo parlando dei comodi e caldi stivali australiani UGG, che, dopo il successo degli anni passati, si riconfermano come una delle tendenze della moda inverno 2011. Esistono per uomo, per donna e persino per bambino, in mille diversi colori. Un paio di queste calzature originali arrivano a costare anche più 200 Euro. Così, gli acquirenti meno abbienti, per essere vestiti all’ultimo grido e non restare indietro, ricorrono alle più economiche imitazioni, contraffatte a regola d’arte quasi sempre in Cina, Paese che, come vi abbiamo raccontato più volte, certo non brilla quanto a rispetto e tutela per gli animali. Se dietro la realizzazione delle trendy calzature originali si nasconde l’utilizzo della pelle di migliaia di pecore australiane, ciò che c’è dietro al mercato della contraffazione cinese è, se possibile, ancor peggio. Nelle morbide, confortevoli ed economiche “simil-UGG” scorre un lungo fiume di sangue e sofferenze indicibili per centinaia e centinaia di teneri, buffi e dolcissimi procioni, colpevoli solo di possedere uno splendido manto morbido e caldo. Perché la pelliccia dello stivale contraffatto è tutt’altro che sintetica… Questa volta, però, è stato tutto ripreso, fotogramma dopo fotogramma, fornendo prove inconfutabili anche della ignobile complicità di chi, con il proprio acquisto poco responsabile, favorisce le violenze indicibili e disumane a cui questi animali vengono sottoposti. Gli investigatori della Swiss Animal Protection sono riusciti a intrufolarsi sotto copertura in alcuni allevamenti cinesi della provincia di Hebei e, muniti di telecamere nascoste, hanno documentato un massacro ai confini della realtà, dando vita a un durissimo, shoccante e straziante filmato, che alcuni giornali internazionali hanno scelto di non pubblicare per l’eccessiva violenza. Il video inizia con le immagini di “uomini” senza cuore che, dopo essersi appropriati dei poveri animali, iniziano a colpirli con aste di metallo e a sbatterli violentemente sul terreno. Questo “trattamento” è solo l’inizio delle torture. Non serve ad ucciderli, ma a fare in modo che i procioni non si muovano quando gli allevatori strapperanno loro via la pelle con estrema lentezza, anche se sono vivi e ben coscienti. Gli animali, insomma, vengono letteralmente scuoiati vivi, “ovviamente” per ottenere una migliore resa nella pelliccia. Il processo incomincia dai piedi fino ad arrivare alla testa. Le creature, oramai agonizzanti ma ancora vive, vengono poi gettate con i loro corpi ormai nudi e sanguinosi nel mucchio di coloro che le hanno precedute. Respiro, battito cardiaco, movimento direzionale del corpo e movimento dei bulbi oculari sono ancora evidenti, anche dopo la scuoiatura “a vivo”. I procioni vengono poi lasciati morire da soli tra indicibili sofferenze, nella più totale assenza anche dei più elementari standard di benessere degli animali, a cui vengono negati persino i più semplici atti di gentilezza. Ma, al di là del caso delle UGG, si tratta di una mattanza ben più generalizzata e vasta che, purtroppo, riguarda non solo i poveri procioni immortalati in questo filmato shock, ma anche volpi, visoni, castori, chinchilla, conigli e persino cani e gatti. Animali che vengono tenuti ammassati in gabbie all’aperto, esposti alla pioggia battente, al freddo o al caldo, in attesa di essere tramortiti a colpi in testa, seviziati e, infine, scuoiati vivi. Non è un film dell’orrore, è la realtà. Di fronte a un tale scempio diventa davvero impossibile permettere che tutto ciò possa continuare ad accadere. Perché la colpa è anche di chi compra e contribuisce a questo mercato. L’unico modo per evitare che tali crudeltà siano ancora perpetrate è quello di non indossare mai le pellicce. Perché, come recita la famosa campagna Peta, meglio essere nudi che complici di questo massacro. E se proprio non vogliamo evitare di indossare boot all’ultima moda, perché non proviamo afarceli da noi riciclando vecchi maglioni? L’effetto eco-chic è assicurato! Roberta Ragni www.greenme.it