“Parla come tà ‘nsegnat tò mader” è un vecchio detto popolare, sottotitolo anche del mio penultimo libro. Letteralmente si traduce “parla come ti ha insegnato tua madre” e significa: parla non troppo ricercato per sembrare colto, ma anche torna alle tue radici. Più si va avanti con gli anni, infatti, più si ripensa spesso alle proprie radici, rivalutandone l’impronta che hanno dato alla nostra vita e la radice più profonda è senza dubbio quella che ci lega alla mamma. Nella mia famiglia, come in moltissime, si parlava solo in dialetto.
La nonna, soprattutto, quando provava a parlare in italiano imbastiva un “italiacano”, come dicevamo ironicamente, che ci faceva molto ridere. D’altronde aveva potuto frequentare solo pochi anni la scuola, tra i suoi familiari nessuno conosceva bene l’italiano, pertanto era naturale che lei sapesse parlare con scioltezza solo il dialetto e riusciva a sorprenderci anche con quello! Il dialetto è una lingua in continua evoluzione, per questo parecchie parole che usava quotidianamente mia nonna, non facevano più parte del nostro parlare corrente, erano termini più vecchi e ormai inusuali. Qualche simpatico esempio: l’arancia era “èl portogal”, la forchetta “èl pirù”, le ciabatte “le söbre”.
Anche mia mamma, pur conoscendo abbastanza bene l’italiano, per troppa umiltà, si sentiva a disagio a parlarlo con persone più istruite di lei, colpa di un antica mentalità che distingueva nettamente “siòri” e “puorècc”, innestando un senso di inferiorità esagerato nei ceti meno abbienti. Eppure è evidente che, a fronte di scarsa istruzione scolastica, la vecchia saggezza popolare era acuta, sapiente, profonda, sorretta da una fede genuina. Saggezza basata sull’esperienza quotidiana, tramandata di generazione in generazione, che insegnava a districarsi tra condizioni economiche difficili, meglio sopportate facendo volare la fantasia, l’allegria e tanta ironia. Le mamme imparavano a fare di necessità virtù, risparmiando all’inverosimile per arrivare a fine mese senza debiti.
Mamme a volte fin troppo pratiche e incapaci di esternare i loro sentimenti, ma brave a testimoniare il loro grande amore in concreto, sacrificando interessi e sogni personali per dedicarsi completamente alla crescita dei figli, alla cura del marito e spesso anche dei genitori e dei suoceri anziani. Ecco allora che questo breve detto, all’apparenza solo scherzoso, nasconde un concetto più profondo, che deve ammonirci a non vergognarsi mai delle nostre origini umili, anzi, ad andarne orgogliosi per quei valori che ci hanno trasmesso e che rimarranno sempre validi. Chi negli anni ha potuto arricchire il proprio bagaglio culturale, dimostra intelligenza e tatto se espone argomenti difficili utilizzando termini semplici, comprensibili a tutti.
Cultura, intelligenza, sensibilità dovrebbero andare di pari passo, ricordandoci sempre che non è ostentando, sia sapienza che ricchezza, che ci si distingue, anzi, come disse Totò :”Signori si nasce, non si diventa…!” Signori dentro ovviamente!!!!
Ornella Olfi