Ferma al semaforo, guardo l’uomo seduto sulla panchina prendere quel po’ di fresco prima della calura. Intorno il traffico della mattina, ma in quel giardinetto, al di là degli alberi, le panchine offrono riparo. Mi stanno simpatiche le panchine, un po’ come i tralicci.
Le guardo stare, umili, mentre offrono riposo ad anziani per i quali il tragitto verso casa è troppo faticoso senza una sosta; offrono complicità ai dialoghi tra amici e ai baci e agli abbracci degli innamorati; offrono quiete ai contemplativi che lì si fermano a guardar scorrere la vita; offrono concentrazione ai meditativi e ai riflessivi.
Le panchine stanno immobili, mentre intorno la vita scorre, corre. Le guardo e mi quietano. Immagino che di notte si raccontino tra loro ciò che hanno accolto durante il giorno.
Ho fotografato panchine solitarie sotto la caduta delle foglie d’autunno, coperte dalla neve o dalla galaverna, bagnate dalla pioggia.
Sopportano con umile regalità, facendo di necessità virtù.
Mi strappano sempre un sorriso.
Paola