1. Living For Love
2. Devil Pray
3. Ghosttown
4. Unapologetic Bitch
5. Illuminati
6. Bitch I’m Madonna (ft. Nicki Minaj)
7. Hold Tight
8. Joan of Arc
9. Iconic (ft. Mike Tyson, Chance the Rapper)
10. HeartBreakCity
11. Body Shop
12. Holy Water
13. Inside Out
14. Wash All Over Me
15. Best Night (Bonus Track)
16. Veni Vidi Vici (ft. Nas) (Bonus Track)
17. S.E.X. (Bonus Track)
18. Messiah (Bonus Track)
19. Rebel Heart (Bonus Track)
Due tra i problemi principali della musica pop del nuovo decennio sono la totale staticità compositiva degli autori, spesso e volentieri imposta dalle case discografiche che ormai esercitano sugli artisti un controllo “dittatoriale” e l’effimera durata di un fenomeno ai massimi livelli di popolarità: detto più semplicemente, tra qualche anno la maggior parte delle star di oggi finirà nel dimenticatoio.
Eppure, in mezzo a tanti ectoplasmi che vagano per le classifiche mondiali, c’è una figura che da anni riesce a mantenersi costantemente al centro dell’attenzione, ovvero Madonna. La fortuna della cantante americana è stata proprio il saper cambiare stile ad ogni album, se si escludono i primi quattro, a seconda dei canoni del pop nel rispettivo periodo. Non sempre la qualità si è rivelata alta (Music e American Life insegnano), ma a livello di popolarità, è ormai l’Icona del genere per antonomasia. Ecco che quindi la “Material Girl” torna con il suo tredicesimo album in studio, Rebel Heart, che deve rialzarsi dopo il passo falso del precedente MDNA. Un rapido sguardo alla copertina, che com’è consuetudine dagli inizi ritrae la cantante in persona e si comincia ad affrontare questo album, composto da un mattone di diciannove tracce nell’edizione deluxe, “solo” quattordici per quella standard. L’opener Living for Love, nonché primo singolo estratto, svolge bene la sua funzione con una strofa orecchiabile e un ritornello che si apre a soluzioni elettroniche che richiamano gli anni ’90, soluzione che peraltro sarà molto utilizzata dalla popstar in questo album. Si prosegue con Devil Pray, caratterizzata da un giro di chitarra acustica preso pari-pari da The House of the Rising Sun dei The Animals ma che si perde in un ritornello scialbo, minimale e perciò discordante con il mood imposto dalla strofa. Dopo i primi due pezzi si può notare una certa voglia di sperimentare da parte di Madonna e questo viene palesato da molti episodi nel corso del lavoro, come Unapologetic Bitch, che si muove su lidi reggae-pop e che nonostante il testo, decisamente forzato per una cinquantaseienne, risulta un ascolto piacevole e Body Shop, basata su un arpeggio folkeggiante e particolare nell’incedere sincopato del ritmo. Notevole anche Wash All Over Me, ultima traccia della versione standard che in alcuni frangenti riporta a quello che secondo il parere di chi scrive è il miglior album di Madonna, Ray of Light. Ovviamente non mancano i brani tipicamente pop, come Ghosttown che è una ballata canonica ma evocativa, molto vicina al sound di Sia e senza dubbio la traccia migliore di tutto il lavoro, o Joan of Arc, canzone che calzerebbe meglio a Katy Perry da tanto è moscia e banale. Un episodio degno di nota in questa categoria è HeartBreakCity, ovvero un brano interamente sugli stessi tre accordi di piano, ma che ha un suo perché all’interno dell’album e si lascia ascoltare senza troppe sofferenze. Ma quello che, descritti questi aspetti, sembrerebbe un buon lavoro, onesto e sui livelli dei primi, purtroppo è quasi il contrario. Perché? Perché il livello complessivo dell’album è radicalmente segnato da tre pezzi da skip compulsivo come Illuminati, Bitch I’m Madonna e Iconic. Il primo si presenta come una sorta di citazione di massa di brand o personaggi famosi: nel minestrone ci finiscono dal cestista LeBron James a Justin Bieber, da Gucci al Papa (!), da Bill Gates a Barack Obama (citato addirittura in due strofe diverse, sicuramente con un motivo ben preciso, no?). In più, non essendo contenta, Madonna supporta il tutto con una base irritante, priva di alcuna melodia o senso. Bitch I’m Madonna, in duetto con Nicki Minaj, inizia con la frase “You’re gonna love this”; spero sia autoironia perché è molto difficile che la profezia lanciata nell’intro si avveri. Il testo si dilunga su… Boh. Sembra più un ammasso di parole per far capire che Madonna è una bad bitch e quindi dev’essere rispettata da tutti. Musicalmente c’è proprio poco da dire, è qualcosa di anti-musicale, probabilmente il peggior pezzo mai scritto dalla Ciccone, nonostante lei dichiari esattamente il contrario. Nicki Minaj è la ciliegina sul sacchetto della spazzatura, nel senso che riesce a rovinare una canzone già ai limiti dell’inascoltabile da tre minuti prima della sua comparsa. Iconic è un duetto con Chance the Rapper e Mike Tyson, il quale però compare solo in alcuni campionamenti nell’intro – il potere dei crediti. In realtà rispetto ai due pezzi precedentemente citati questo qualcosa di buono ha, con una strofa scontata ma tutto sommato buona, il vero problema arriva al ritornello, che si rivela stilisticamente distaccato dal resto. La strofa di Chance the Rapper, inoltre, è totalmente insapore. Sulle cinque bonus tracks nulla di che da segnalare, tranne che S.E.X. è un bene che non sia finita nell’edizione standard e che Veni Vidi Vici è una prova magistrale di autocitazionismo, in quanto il testo parla della carriera musicale della cantante collegando i titoli di sue canzoni, datate e non. Qui si può apprendere come il flow di Madonna è peggiore di quello di un qualsiasi rapper mancato con un centinaio di iscritti su YouTube, peccato perché l’idea era interessante. Nel complesso, non si può parlare di insufficienza e di lavoro sbagliato, però dire che è un album ben riuscito sarebbe un eufemismo. Tre canzoni non possono reggere un album di quattordici tracce, o diciannove per i più temerari, quando altre tre di queste sono il perfetto manuale di cosa non fare quando si scrive musica e le restanti sono poco sopra la mediocrità assoluta, ma alla fine, che componga Frozen o che metta insieme qualche nota e chiami il tutto Illuminati, Madonna è l’unica – e forse ultima – icona del pop e perciò si può chiudere un occhio, dimenticare la Madonna in versione bad bitch e ascoltare Ghosttown, per capire che gli album brutti sono altri. Voto 6.
Carlo Chiesa