La risposta che sorge spontanea è: “quello che opera alla schiena”. Invece rispondere a questa domanda non è così semplice ed immediato, almeno non senza fare delle doverose premesse. Quante volte un mal di schiena viene ad interrompere bruscamente le nostre attività? Durante il gioco, il lavoro o semplicemente nel sollevare lo zaino del nipotino che siamo andati a prendere a scuola? E il fastidioso dolore al collo che ci tormenta quando siamo distesi a letto o guardiamo la TV comodi sul divano? Proprio durante il meritato riposo dopo una giornata di lavoro… Tutte queste condizioni, che molto spesso non hanno alla base nessuna causa più grave di una “fisiologica usura” della colonna vertebrale, legata al tempo o allo stile di vita (lavorativo e non), sono etichettate dagli “esperti del settore” con termini del tipo lombalgia, cervicalgia, rachialgia etc… o, per dirla con un tecnicismo ancora più sottile che le comprende un po’ tutte, “patologie degenerative della colonna vertebrale”. A questo punto si esige un chiarimento…
Le malattie vertebro-midollari sono un gruppo di patologie che interessano le vertebre, i dischi intervertebrali (i cuscinetti ammortizzatori tra le vertebre) o i nervi, a genesi degenerativa (l’usura di cui sopra), traumatica, infettiva e purtroppo anche tumorale, che coinvolgono le strutture ossee, articolari, legamentose della colonna vertebrale e che, più spesso in un secondo momento, possono interessare anche le strutture nervose (radici nervose e/o midollo spinale).
La causa più frequente è quella degenerativa, che generalmente va di pari passo con l’età.
La manifestazione clinica più frequente è il dolore, localizzato alla colonna vertebrale (lombalgia, cervicalgia, dorsalgia) o irradiato lungo il decorso della struttura nervosa coinvolta (lombo-sciatalgia e lombo-cruralgia, agli arti inferiori e cervico-brachialgia agli arti superiori). Tali condizioni, che di per se’ spesso, come detto in precedenza, non hanno alla base gravi patologie e per lo più non necessitano di trattamento chirurgico, sono tuttavia responsabili di una significativa alterazione della nostra qualità di vita, andando a compromettere l’attività lavorativa o ludico-ricreativa o addirittura i rapporti interpersonali. Sarebbe quindi preferibile, prima di arrivare a situazioni così importanti per la vita di ogni giorno, consultare uno specialista al fine di poter effettuare una diagnosi precoce e stabilire una terapia nel senso più ampio del termine, perché spesso le modificazioni a carico delle strutture della colonna vertebrale sono difficilmente reversibili quando evidenziate in una fase più avanzata o in una età meno favorevole.
La filosofia dell’approccio terapeutico a questo ampio gruppo di patologie (lombalgie e lombosciatalgie, artrosi cervicale, ernie discali lombari e cervicali, deformità degenerative del rachide dorso-lombare etc..) è quella della multidisciplinarietà e della continuità assistenziale: il paziente cioè, necessita di essere assistito per tutto il percorso diagnostico e terapeutico da più specialisti (neurochirurgo, posturologo, fisiatra, terapista del dolore etc…) che interagiscono strettamente, apportando ognuno le proprie competenze, al fine di garantire una visione globale della problematica clinica e porre in atto le migliori e più innovative soluzioni diagnostiche e terapeutiche mediche, riabilitative e chirurgiche ove necessario. Solo allora i risultati ottenuti saranno estremamente gratificanti, per il paziente e per i medici. Rispondere, adesso, alla domanda di cui sopra “chi è il chirurgo della colonna?” è molto più semplice. Il chirurgo vertebrale è lo specialista (per la quasi totalità dei casi in Neurochirurgia o Ortopedia) che si occupa sapientemente del trattamento medico e chirurgico delle patologie vertebro-midollari.
Non è quindi solo quello “che opera o taglia” la schiena (o come spesso mi dicono adesso pazienti: dottore, ma lei lo usa il laser?), ma colui che deve saper in prima istanza riconoscere la patologia dai sintomi riferiti dal paziente, deve quindi saper ascoltare, poi saper interpretare le indagini radiologiche e elettrofisiologiche effettuate ed infine deve saper interagire con i colleghi di altre specialità per individuare la migliore terapia per il caso specifico esibito dal particolare paziente. E’ sottinteso che deve necessariamente avere le competenze chirurgiche specifiche per poter, ove necessario, affrontare in scienza e coscienza il trattamento chirurgico più adeguato.
Mi piacerebbe, infine, fare un rapido accenno alla chirurgia, mio specifico campo di interesse ma che, ripeto, non è spesso necessario, anche se a volte è indispensabile a trattare pazienti che non hanno beneficio dalla terapia medica e/o riabilitativa.
Attualmente le moderne tecniche chirurgiche mini-invasive e percutanee, in virtù del basso peso biologico generale, delle piccole dimensioni delle incisioni cutane, della minima manipolazione della muscolatura paravertebrale, delle quasi assenti perdite ematiche, consentono alle persone anche più anziane una rapida mobilizzazione ed un più precoce rientro alle usuali attività della vita quotidiana. Oggi, cioè, è possibile trattare anche patologie più complesse in persone anziane o con importanti malattie associate, che prima non avrebbero potuto essere trattate, garantendo una convalescenza meno impegnativa e più breve.
Dott. Mario Fusco