“Se lo schiavismo non è sbagliato, nulla è sbagliato”, scriveva Abraham Lincoln in una lettera del dicembre 1865. Personaggio che, da sempre, oscilla tra l’uomo e il mito, essendo l’artefice di alcuni enormi cambiamenti per il bene di una nazione, in un’epoca caratterizzata da acerrime divisioni. La Storia ci ha insegnato di come questo grande uomo abbia guidato il suo paese attraverso i momenti più difficili, facendo sopravvivere gli ideali della democrazia americana e ponendo termine allo schiavismo.
L’idea di questo statista e leader militare (nonché padre, marito e uomo fortemente incline all’introspezione) visto anche dal suo lato umano più accattivante ma raramente evidente, ha accompagnato Steven Spielberg fin da piccolo. Ora, stimolando il suo istinto cinematografico ad un livello diverso rispetto a qualunque altro film della sua lunga ed eterogenea carriera, il papà di “ET” e dei dinosauri (che ha sempre amato la storia e ha realizzato molti film sul genere quali “L’impero del sole”, “Schindler’s List”, “Salvate il soldato Ryan” nonché l’analogo, per tematica, “Il colore viola”), prende un personaggio letto nei libri di storia e lo fa rivivere sul grande schermo, intrecciando le varie sequenze in una narrazione fluida e in un film condito da tanto dialogo. Presentandoci colui che, ancora oggi, potrebbe ispirarci a credere nuovamente nella possibilità di una vera leadership, la pellicola si concentra sugli ultimi quattro mesi della sua vita. La storia, pur ristretta a questo minimo arco temporale, basta per mettere in luce l’essenza dell’uomo: genio politico, padre e marito angosciato e, soprattutto, strenuo difensore degli Stati Uniti d’America. Paladino della battaglia più difficile, Lincoln porterà la nazione a sostenere “la nuova nascita della libertà” e a porre fine alla pratica immorale della schiavitù al termine della Guerra civile. E, avvalendosi di tutta la sua abilità politica e di persuasione, lo farà non solo simbolicamente, ma attraverso un emendamento costituzionale che rende l’abolizione dello schiavismo un fondamento permanente della legge nazionale: l’approvazione del 13° Emendamento. Oltre ai problemi di natura politica, Lincoln dovrà affrontare anche la perdita di un figlio, i dissidi con una moglie problematica, dal temperamento forte ma tormentato (il Premio Oscar Sally Field de “Le stagioni del cuore”, “Forrest Gump” e “The amazing Spider Man”) e la paura, in una guerra che pesa quotidianamente sulla sua anima, di perdere un altro figlio (Joseph Gordon-Levitt, noto per i suoi ruoli in “500 giorni insieme”, “Inception”, “50 e 50”, “Il cavaliere oscuro – Il ritorno” e che oggi vediamo in passaggi un po’ frettolosi). Questo intreccio fra i vari lati della personalità di Lincoln è rappresentato dal due volte vincitore dell’Academy Award® Daniel Day-Lewis, memorabile interprete di pellicole come “Camera con vista”, “Il mio piede sinistro”, “Nel nome del padre” e “Gangs of New York”. Un attore che ben riesce a simbolizzare la fisicità di Lincoln in modo esemplare, incarnandosi corpo ed anima nel suo personaggio.
Immortalata in un territorio visivo nuovo, utilizzando uno stile naturale, forte e minimalista, la fotografia cede volentieri il passo più alla forza delle parole che non a quella delle immagini. Il linguaggio e la narrazione predominano su una fotografia che, pur sempre elegante, si limita di più a porre lo sguardo sul susseguirsi degli eventi. A sottolineare i momenti più cruciali del dibattito politico, delle varie macchinazioni, dei legami familiari, delle paure e delle speranze private, una colonna sonora tranquilla e semplice, con numerose variazioni, ma anche con alcune sonorità più ampie e nobili. Nonostante la lunghezza del film (più di due ore, la prima delle quali un po’ pesantuccia in quanto molto discorsiva), la vicenda, lungi dall’essere paragonata ad un film di guerra e pur non essendo un capolavoro, con tutto il suo carico di coinvolgimento emotivo e di umanità (è in corsa con ben 12 nomination agli imminenti Oscar), rimane una bella lezione di vita. Quella che mostra come gli esseri umani, pur con i loro difetti e problemi, possono realizzare l’impensabile, ispirando chi è intrappolato nella guerra e in oscuri retaggi a cambiare direzione trovando il tanto sospirato punto d’unione.
Piergiorgio Ravasio