Caro Direttore, a sentire i discorsi dei nostri politici, e i dibattiti in televisione, sembrerebbe che questa sia una crisi economica in via di superamento, e che, come sempre è successo negli ultimi cinquant’anni, il sereno tornerà dopo la tempesta. Tutti sono convinti che i sacrifici della nuova fase, saranno ricompensati dal rilancio dell’economia, da nuovi posti di lavoro per i giovani, anche se poi, nessuno osa indicare con quali mezzi si possano raggiungere tali risultati. Io mi chiedo con quale faccia tosta si possa spacciare questo ottimismo a tutti i costi, quando le aziende stanno delocalizzando all’estero, i costi di produzione sono ulteriormente appesantiti da nuove tasse, e da ulteriori incombenze burocratiche.
Quanto a nuovi posti di lavoro ce ne saranno sempre di meno, visto che l’età pensionabile è stata alzata di qualche anno. Nessuno osa ammettere che per ridare competitività alla nostra economia, bisognerebbe come minimo dimezzare la pressione fiscale, ridurre al minimo le incombenze burocratiche, e naturalmente, per far quadrare i conti, dimezzare i costi della pubblica amministrazione. In pratica, la pubblica amministrazione dovrebbe licenziare due terzi dei suoi dipendenti, e mandarli a produrre qualcosa che si possa consumare, invece di inutili scartoffie. Ma questo purtroppo diminuirebbe il potere dei politici, che raccolgono consensi distribuendo posti di lavoro inutili. L’alternativa è quella di rimettere i dazi alle frontiere, per obbligare le aziende a produrre in Italia. L’illusione degli ultimi trent’anni, è stata quella che si possa vivere di servizi, e che i buchi di bilancio, si possano sanare aumentando il debito. Solo che, giunti a questo punto, o si ha il coraggio di cancellare il debito, e ricominciare di nuovo, o le future generazioni saranno condannate a lavorare per pagare gli interessi. Quando poi sento proclamare da tutti i pulpiti, la lotta all’evasione e al lavoro nero, mi chiedo se costoro si rendono conto che sono ormai milioni gli Italiani che campano di lavoro nero, visto che il lavoro bianco è in via di estinzione. Lavorare a due euro e mezzo all’ora, basta a racimolare quei venti euro al giorno che ti permettono di non morire di fame, visto che lo Stato si disinteressa di chi non ha alcun reddito. Vi sono poi una miriade di attività, che riescono a sopravvivere solo evadendo una parte del dovuto, quindi, eliminare l’evasione e il lavoro nero, significherebbe creare cinque milioni di disoccupati. Con queste regole, e con queste tasse, l’avvenire del manifatturiero italiano dipenderà sempre più dal lavoro nero, in barba alle leggi assurde e fuori dal tempo dei nostri politici, che si occupano solo di salvaguardare i loro privilegi. Aumentare le tasse per continuare a pagare pensioni da novantamila euro al mese, e stipendi da nababbi, è un ritorno al medioevo, altro che democrazia!!! Di fronte a certe esagerazioni bisogna intervenire cambiando le regole, stabilendo un tetto ragionevole fa stipendi minimi e massimi, e intaccando il privilegio di certe classi di politici e burocrati, che stanno distruggendo il nostro sistema economico. Se questa nostra costituzione permette di schiavizzare il popolo per arricchire la casta, significa che è proprio da buttare. Angelo Facchi – Gottolengo (BS)