Una strada per riattivare nelle nostre vite il senso di meraviglia è la casualità delle coincidenze.
Anzi, se ci manteniamo aperti nei confronti della sorpresa, non è solo una via d’accesso ma una corsia preferenziale.
Le coincidenze, anche quelle più prosaiche, sollecitano la nostra curiosità per tutto ciò che non conosciamo. O non comprendiamo ancora, procurandoci un sottile piacere. Gli esempi fra cui potrei scegliere sarebbero migliaia, eppure non così tanti da perdere lo strano potere o il fascino che esercitano su di noi.
Il punto è proprio questo: il sovrapporsi di improbabilità, tempismo e felicità che chiamiamo coincidenza possiede una sorta di potere magico. Per il filosofo Arthur Schopenhauer è quello della “meravigliosa armonia prestabilita” dell’universo. Per Carl Jung si tratta di “atti creativi nel tempo”.
Per lo scrittore e giornalista Arthur Koestler si tratta di “scherzi del destino”.
Eccone, dunque, un paio. Una donna, tale Willard Lowell, si chiude fuori di casa a Berkeley, in California. Mentre sta cercando di capire cosa fare, arriva il postino. E in mezzo alla corrispondenza per lei c’è una lettera del fratello, che era andato a trovarla poco tempo prima ed era
inavvertitamente ripartito con chiave di riserva in tasca. L’aveva rispedita in quella busta. Poi c’è l’uomo che conduce sondaggi in un centro commerciale e deve chiedere alle persone il loro numero di telefono. Un signore intervistato se ne inventa uno e glielo dà. “No, mi scusi, questo non è il suo numero”, dice il sondaggista. “E lei come fa a dirlo?” “Perché il numero di telefono che mi ha appena dato”, risponde il sondaggista, “è il mio”.
Non dobbiamo necessariamente capire cosa significano le coincidenze, né trarre particolari conclusioni quando le incontriamo. Servono semplicemente come sporadici moniti del fatto che dobbiamo mantenere la nostra capacità di stupirci, fermandoci per concederci di essere completamente presenti e aprirci al mistero della vita. Rappresentano una sorta di “riavvio” forzato del nostro software mentale. L’esperienza mi insegna che, indipendentemente dalle proprie convinzioni spirituali, che cioè abbia o fede o meno nell’esistenza di qualcosa di più grande, le coincidenze piacciono a tutti. “Sono come scorciatoie verso le grandi domande sul destino e su Dio, anche per coloro che in queste cose non credono”, dice Sara Koenig, autrice del programma radiofonico This American Life.
“L’idea è che da qualche parte ci sia qualcuno o qualcosa che presta attenzione alla tua vita, e che dietro le coincidenze possa esistere un piano”.
Per una puntata dedicata alle coincidenze, gli autori del programma hanno chiesto agli ascoltatori di inviare i loro aneddoti. Il pubblico ha risposto inviando circa 1.300 storie. Una di queste veniva da un tale Paul Grachan, che raccontava del giorno in cui aveva deciso di fare sul serio con la fidanzata Esther. Ci stava pensando mentre comprava un panino in un negozietto. Mentre tirava fuori i soldi per pagare, si era accorto che su una banconota c’era scritto il nome Esther. Aveva deciso di tenerla, facendola incorniciare per regalarla a lei. Esther era rimasta sorpresa, ma all’epoca non aveva detto granché. Anni dopo, quando ormai erano sposati e stavano traslocando in un nuovo appartamento, Esther, tirando fuori la cornice da uno scatolone, gli aveva rivelato il perché del suo stupore. A 19 anni frequentava una persona con cui era infelice. “Pensavo: come fa la gene a capire chi è la persona giusta con cui stare?, gli aveva raccontato Esther.
“Poi mi sono detta: farò così, scriverò il mio nome su questa banconota da un dollaro, e l’uomo che la troverà sarà quello che mi chiederà di sposarlo… Il giorno in cui mi hai regalato questa banconota, ho capito che quell’uomo eri tu”.
All’epoca non glielo aveva detto perché non voleva “spaventarlo” parlando così presto di matrimonio. Lui, quando infine l’aveva scoperto, era rimasto comprensibilmente sbalordito: “Che significato ha questa cosa per noi? Siamo destinati a inventare una macchina del tempo? Oppure i nostri figli porteranno la pace nel mondo? Lo scopo qual è? Perché è chiaro che c’è sotto qualcosa di più grande, e noi non lo vediamo”.
Mi sono accorta che viviamo anche negli altri. Che possiamo lasciare tracce indelebili di questo passaggio sulla terra con gesti semplici, se autentici. Fu il film Into the wild a cambiarmi la vita. Mi ha insegnato il coraggio. Che ogni passo va fatto nella direzione scelta.
Che ogni caduta che ti capita, devi usarla per ripartire più forte. Che è triste sprecare le energie con chi sa solo essere negativo.
Che il bene più prezioso lo conquisti, lo realizzi. Lo attraversi frastornata e ti chiedi come faccia a darti e toglierti così tanto stupore al tempo stesso.
Una sola parola: Life.
J.
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