“L’amore è come lo specchio. Quando ami Qualcuno tu diventi il suo specchio e lei il tuo e specchiandoti nell’amore vedi l’infinito”, disse a voce alta Irene guardando Davide. “Io vado, non aspettarmi”, le disse con gli occhi bassi lui, uscendo dalla cucina.
Irene lo guardò avviarsi lungo il corridoio, sapeva che non si sarebbe più voltato e Davide si chiuse la porta dietro le spalle. Si erano conosciuti sui banchi di scuola, all’età di 13 anni e si erano innamorati. Insieme avevano trascorso gli anni più belli della giovinezza, gli anni in cui sembrano esserci solo sorrisi, gli anni in cui i sogni e le emozioni prevalgono sulla realtà, gli anni in cui la persona a cui vuoi bene sembra rappresentare l’unico motivo del tuo esistere. Il destino aveva tentato di rovinare tutto quando, alla fine del liceo, Davide si era dovuto trasferire in un’altra città per seguire suo padre. Ma l’amore vero dicono, non muore mai ed infatti, le continue telefonate e le lettere cariche d’amore che i due ragazzi si scambiavano, tenevano più che mai vivo quel rapporto che prendeva sempre più le sembianze di una bella favola.
Per Davide e Irene la vera favola cominciò quando, all’età di 25 anni, decisero di sposarsi e di poter condividere tutto ciò che la vita aveva in serbo per loro. Tutto era perfetto: due persone fatte per stare insieme stavano assaporando il piacere di vivere l’uno per l’altra, di essere l’uno il riflesso dell’altra, di essere l’uno la gioia dell’altra.
Il destino però, forse troppo geloso della loro felicità, ci mise un’altra volta lo zampino e ruppe l’incantesimo. Davide si ammalò e la sua malattia lo portò a staccarsi da Irene. Entrambi, che avevano conosciuto solo la gioia, si videro piombare addosso quel macigno, che non avrebbe dovuto colpire loro, proprio loro che, guardando al futuro, vedevano solo felicità e spensieratezza.
Si era trattato solo di un brutto sogno? Chi poteva vedere i visi dei due sposi, si rendeva conto che non era così. Le risate che avevano sempre riempito la loro casa vennero ben presto sostituite dal silenzio. E dal silenzio rischiavano di farsi sottomettere; tra Davide e Irene c’era sempre stato dialogo, i segreti dell’uno venivano sempre svelati dall’altra; c’era confidenza, complicità. Ora regnava solo l’incertezza. Probabilmente nel cuore di ognuno erano racchiuse molte parole cariche di rabbia, di dolore, ma sembravano non voler uscire. Davide viveva in un mondo a parte, un mondo costruito forse dalla sua malattia; Irene temeva che troppe parole avrebbero solo allargato la ferita già troppo aperta nel cuore di suo marito. E poi la decisione di Davide di andarsene: non sopportava l’idea, che l’amore che Irene provava per lui, diventasse ora sopportazione e pietà e non poteva più costringere sua moglie a guardare verso un futuro incerto, un domani annebbiato. Chiuse la porta e lasciò alle sue spalle solo una vita di ricordi.
Irene, seduta tra le braccia del marito, leggeva le pagine iniziali del romanzo che aveva deciso di scrivere ispirandosi alla loro vita e sia lei che Davide avevano gli occhi gonfi di lacrime.
Entrambi sapevano che se ora potevano guardare al futuro con gli stessi occhi che si erano incrociati quando si erano innamorati tanti anni prima, lo dovevano al fatto che, entrambi, all’apice della disperazione, si erano dovuti aggrappare all’amore, a quell’amore che li rendeva l’uno il riflesso dell’altra e forse entrambi dovevano ringraziare anche il destino perché, se è vero che tanto li aveva fatti soffrire, è anche vero che ora dava a loro la possibilità di riscattarsi e insieme di vincere.
Francesca