In autunno le temperature si abbassano spesso rapidamente. A casa mia il rimedio era accendere la stufa già all’arrivo dei primi freddi. Oltre a riscaldare la cucina, serviva ad appendere ai raggi la biancheria ad asciugare, a cucinare, a fare le braci da mettere nella scaldina ai piedi della nonna che facendo poco movimento percepiva di più il cambio di stagione. Togliendo i cerchi sul piano della stufa si inseriva la pentola per sfruttare al meglio il calore della legna che scoppiettava allegra; sui cerchi chiusi invece si abbrustoliva la polenta, le castagne, le bucce d’arancia per profumare l’ambiente e sempre qualche pentola a bollire. Nel forno si faceva biscottare il pane, da inzuppare le latte a colazione e per ricette in cucina ( ripieno per pollame, impanatura per cotolette, gnocchi). Nella “ramina” l’acqua bollente si usava per lavarsi a turno in una vaschetta (il bagno nella vasca si faceva solo una volta la settimana, accendendo lo scaldabagno a legna) e per riempire la borsa dell’acqua calda. La nonna si scaldava le mani di giorno e tutta la famiglia i piedi nel letto di notte, nelle mezze stagioni. D’inverno invece la scaldina con le braci si metteva nel letto inserita nella “monega”, che scaldava molto di più, anzi, spesso bruciacchiava anche le lenzuola, salvo poi raffreddarsi troppo in fretta. Ormai quasi più in nessuna casa ci si scalda con la stufa a legna: chi ha il camino o la stufa a pellet, chi accende il condizionatore in modalità per togliere umidità e intiepidire le stanze, chi si scalda con i caloriferi a metano o a gasolio. L’odore di fumo impregnava la cucina, perché dai cerchi e dai tubi filtrava un po’ di fuliggine, per cui la biancheria stesa diventava leggermente grigia, eppure l’odore di legna rimane uno dei profumi indimenticabili della mia infanzia, e penso anche quella di quasi tutti i non più giovanissimi che si sono scaldati con la stufa a legna.
Ornella Olfi