Successive indagini e processi
Le indagini e i processi (sette) si susseguiranno nel corso degli anni, con imputazioni a carico di vari esponenti anarchici e di destra; tuttavia alla fine tutti gli accusati saranno sempre assolti in sede giudiziaria (peraltro alcuni verranno condannati per altre stragi, e altri si gioveranno della prescrizione).
Alcuni esponenti dei servizi segreti verranno condannati per depistaggi; l’inchiesta del giudice Salvini affacciò anche un’ipotesi di connessione col fallito golpe Borghese.
In 43 anni, non è mai stata emessa una condanna definitiva per la strage, anche se Carlo Digilio, neofascista di Ordine Nuovo, ha confessato il proprio ruolo nella preparazione dell’attentato e ottenuto nel 2000 la prescrizione del reato per il prevalere delle attenuanti riconosciutegli, appunto, per il suo contributo.
Il 3 maggio 2005 la Corte di Cassazione ha assolto definitivamente gli ultimi indagati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, militanti di Ordine Nuovo condannati in primo grado all’ergastolo) scrivendo però nella sentenza che con le nuove prove – emerse nelle inchieste successive al processo milanese nel 1972 e alla definitiva assoluzione nel 1987 – gli ordinovisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura sarebbero stati entrambi condannati. Attualmente non vi è alcun procedimento giudiziario aperto in quanto la condanna arriva tardiva, oltre al terzo grado di giudizio. Dopo decine di anni, la morte di Pinelli è ancora oggetto di discussione, sebbene la Magistratura si sia pronunciata in modo univoco, nel senso della morte accidentale dell’anarchico. A metà degli anni novanta Carlo Digilio sostenne di aver ricevuto una confidenza in cui Delfo Zorzi gli raccontava di aver piazzato personalmente la bomba nella banca. Zorzi, trasferitosi in Giappone nel 1974, divenne un imprenditore di successo. Ottenne la cittadinanza giapponese che gli garantì poi l’immunità all’estradizione.
La contro-inchiesta
delle Brigate Rosse
Sulla strage anche le Brigate Rosse svolgeranno una loro inchiesta, che venne rinvenuta il 15 ottobre 1974 in un loro covo a Robbiano, fraz. di Mediglia, insieme ad altri materiali riguardanti gli avvenimenti politici e terroristici relativi agli anni sessanta e settanta. Solo una minima parte del materiale sequestrato che riguardava Piazza Fontana fu messo a disposizione dei magistrati che indagavano sulla strage, indebolendo così le loro indagini. Successivamente questo materiale scomparve e venne forse parzialmente distrutto nel 1992. L’indagine delle BR è stata ricostruita grazie alle relazioni stilate dai carabinieri, a vario materiale ritrovato e alle testimonianze di un brigatista pentito. Originariamente l’indagine comprendeva anche un’intervista a Liliano Paolucci (colui che aveva raccolto la testimonianza di Cornelio Rolandi e l’aveva convinto a parlare ai carabinieri) e delle interviste di alcuni dirigenti del circolo anarchico Ponte della Ghisolfa.
Le conclusioni di questa indagine sono in parte differenti dalle ricostruzioni che si faranno nella lunga storia dei processi: secondo l’indagine, l’attentato era stato organizzato materialmente dagli anarchici. Costoro avrebbero avuto in mente un atto dimostrativo, che solo per un errore nella valutazione dell’orario di chiusura della banca si trasformò in una strage. Esplosivo, timer e inneschi sarebbero stati forniti loro da un gruppo di estrema destra. Pinelli, sempre secondo questa ricostruzione, si sarebbe realmente suicidato perché sarebbe rimasto coinvolto involontariamente nel traffico di esplosivo poi utilizzato per la strage.Le Brigate Rosse mantennero segreti i risultati della loro inchiesta, per motivi di opportunità politica.
L’inchiesta delle BR ebbe una rinnovata notorietà durante i lavori della Commissione Stragi. La maggior parte dei documenti dell’inchiesta condotta dalle Brigate Rosse su Piazza Fontana era divenuta intanto irreperibile, apparentemente persa nel 1980 nei trasferimenti tra le varie procure e tribunali e forse distrutta erroneamente nel 1992, in quanto ritenuta non significativa.
Le vittime
I nomi delle vittime dalla bomba di piazza Fontana sono: Giovanni Arnoldi, Giulio China, Eugenio Corsini, Pietro Dendena, Carlo Gaiani, Calogero Galatioto, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Vittorio Mocchi, Luigi Meloni, Mario Pasi, Carlo Perego, Oreste Sangalli, Angelo Scaglia, Carlo Silva, Attilio Valè, Gerolamo Papetti.
Le manifestazioni
Negli anni numerose manifestazioni si sono svolte e si svolgeranno in ricordo della strage di piazza Fontana e di Giuseppe Pinelli. Diverse di tali iniziative sono degenerate in scontri tra polizia e manifestanti. Ancora oggi è attiva la contestazione, motivo ricorrente negli ambienti di sinistra milanesi e non solo, ma anche la riflessione, della quale si è fatto interprete anche il Capo dello Stato incontrando i familiari delle vittime il 7 dicembre 2009: in questa circostanza Giorgio Napolitano ha elogiato “la passione civile, l’impegno che mostrate per alimentare la memoria collettiva e la riflessione, due cose alle quali l’Italia e la coscienza nazionale non possono abdicare (…) quello che avete vissuto voi mi auguro diventi parte della coscienza nazionale (…) comprendo il peso che la verità negata rappresenta per ciascuno di voi, un peso che lo Stato italiano porta su di sé (…) La riflessione è necessaria perché ciò che è avvenuto nella nostra società non è del tutto chiaro e limpido e non è del tutto stato maturato. Continuate a operare per recuperare ogni elemento di verità”.
Le manifestazioni che si svolgono ogni 12 dicembre per ricordare la strage e il 15 dicembre per commemorare Pinelli, sono diventate un appuntamento ricorrente per la città di Milano.