Accanto a me il Sikh con il turbante arancio si toccava la lunga barba, la donna davanti a me allattava il neonato ed io speravo di incrociare uno sguardo amico intorno a me… All’improvviso un urlo dalla bocca del Sikh ruppe il silenzio e tutti insieme si unirono alla sua preghiera di ringraziamento …eravamo atterrati a New Delhi il mio viaggio in India stava nascendo. Ti accorgi di essere in Asia dall’afa che ti prende, ti avvolge, dagli odori acri, forti che ti stordiscono dalla confusione. Nella notte più buia ogni città nasconde un’altra città, si mostra nuda e cruda come e’ senza finzione senza luci, vedi gente dormire per strada, lungo i cigli dei marciapiedi, sulle panchine e acconto a loro i bimbi che dormono guardando il cielo, alcuni vestiti alcuni nudi, ombre che mi si avvicinano e allungano la loro misera mano per un aiuto, sono la miseria, la povertà che cammina, che il mio viaggio indiano abbia inizio. Ciò che sembrava un lungomare infernale al mattino e’ un brucolio di gente, di venditori ambulanti a cui non puoi passare inosservato perche’ tu per loro sei una gallina dalle uova d’oro, un euro che cammina a cui cercano di spillare soldi. Vedi gente che spinge carretti di cianfrusaglie, frutta, di cibi speziati, tuk tuk e riscio’ che sfrecciano lungo le strade senza un senso e una regola dove vige la legge del più scaltro, poi arrivi in un angolo di paradiso che fu la dimora di Ghandi dove vige la semplicità silenzio credere e lottare in qualcosa ed inizi a comprendere che alla fine il viaggio ha un suo perché. Quando la fame ti prende abbatti le tue diffidenze, e come un bambino incuriosito ti lanci a provare cibi da strada, quelli dei baracchini e baracche, e l’unico modo di sapere il loro sapore e come sono e’ di usare il palato e non dare retta ad una guida. Speziati, caldi, che ti lacerano la gola e ti bruciano lo stomaco e loro li a guardarti incuriositi nel vedere, le tue smorfie di piacere o dolore, ma così facendo e’ l’unico modo di entrare nel loro mondo. Ti guardano ti scrutano, i bambini ti assalgono per chiederei 1, 2 rupie o del cibo e tu quando non ne hai per tutti sei padrone del loro destino. Vedi bambini trascinare per strada sacchi di iuta più grandi di loro, puliscono le pentole, servono il tea e ti domandi se hanno smesso di sognare per poter sopravvivere. Poi ti sorridono, scatti loro una foto e gli dai una caramella per addolcire i loro dolori, ma forse non ne hanno bisogno consapevoli di quello che li aspetterà. La gente cammina per strada incurante dei corpi distesi non sai se sono vivi o morti, un corpo trascinato via perché l’unica sua colpa è essere caduto dalla sua bici e quindi aver bloccato il traffico che non si può permettere di fermarsi, e quando la sera torni a casa l’unico momento in cui ti senti pulito è quando l’acqua scorre sul tuo corpo e la patina di sudore, sporco, di stanchezza se ne vanno mentre i tuoi perché rimangono. Viaggiando lungo le loro strade dove ogni volta si rischia la vita, colonne ti autocarri, di bus stipati come uova, sia all’interno che all’esterno, animali che liberamente circolano per le strade liberi, vedi gente sbucare dal nulla, ti domandi da dove viene e dove va, dato che intorno a te c’è il nulla. Per essere come loro o avere per lo meno il loro rispetto, i tuoi privilegi da turista vanno dimenticati, ti lavi le mani con loro, e quando il bambino vede che aspetti il tuo turno mentre lui deve sciacquare le tazze e anzi gli dai una mano, si mette a ridere e capisci che hai avuto il loro permesso a varcare la linea. Ogni giorno impari qualcosa di nuovo, che l’acqua per una doccia è secondaria ma non primaria, che OGGI va goduto perché non lo riavrai domani. In India sopravvivi non vivi, ogni sorriso è vero pieno caldo come le lacrime che scendono dal tuo viso. Nessuna guida potrà raccontarvi quello che i vs occhi vedranno, alcune sensazioni vanno vissute, regali loro un sapone perché sai che alla fine del viaggio tu ne potrai avere altro mentre loro no, i bambini giocano con l’aria, con la carta, con i loro sogni e speranze.
fine prima parte