Mi colpisce sempre la potenza dell’ascolto.
Quando ho iniziato a lavorare in ospedale, il primo vissuto è stato il senso di impotenza: di fronte a quei fiumi in piena, cercavo parole intelligenti da dire, parole che non venivano. Poi ho cominciato a capire che ciò di cui le persone avevano veramente bisogno era di qualcuno che stesse lì con loro ad ascoltarli veramente, ad accogliere quella piena offrendo un contenitore in cui riversarsi e quietarsi. Tempo fa mi è tornato in mente un ricordo di bambina. Stavo giocando e ho cominciato a pensare che quel peluche che avevo in mano avrebbe avuto una fine, e il pensiero è finito in un vortice emotivo: tutto ciò che guardavo avrebbe avuto una fine. Piangendo disperata sono andata da mia madre a farmi consolare. Non ricordo le sue parole, ma ricordo bene il suo abbraccio, la sensazione di calore e l’effetto calmante, rincuorante. Ecco, ho pensato che in fondo io faccio un po’ questo: non posso certo prendere in braccio e cullare adulti sconosciuti, ma di fronte a quei fiumi in piena, l’ascolto profondo offre un calore e un contenitore che aiuta a quietarsi, a non sentirsi soli nella tempesta. E poi, in fondo, siamo tutti fiumi in piena. Anche noi che stiamo qui a scrivere sui nostri blog cerchiamo ascolto e condivisione. Abbiamo emozioni, pensieri, che vogliamo raccontare a qualcuno; e siamo contenti (almeno, io lo sono), quando qualcuno clicca Like, Share, o scrive un commento (non è certo un caso che in internet i pulsanti Like e Share non manchino mai). L’altra sera ero sull’autobus e si siede accanto a me un signore anziano. Nel giro di due sole fermate mi racconta un po’ delle sue pene: e -credo- solo perché quando si è seduto mi sono voltata verso di lui e gli ho sorriso mentre spostavo la mia borsa. Siamo tutti fiumi in piena: abbiamo bisogno di dire di noi, di seminare tracce nella vita, di sentire che qualcuno le vede e le accoglie. Like and share. Ed è anche bellissimo accogliere quelle tracce, stare accanto a chi te ne sta consegnando alcune, tesori preziosi, condensati di vita e di esperienze, di lacrime e di speranze, fragili e forti. Rilke, seconda elegia duinese: “Come rugiada dall’erba novella/ quel che è nostro svapora da noi, come il calore da / vivanda calda. (…)/ Avrà forse sapore di noi il cosmico spazio in cui ci dissolviamo?” C’è sapore di noi nella vita, ed è una ricchezza che mi riempie l’anima. Grazie agli sconosciuti che mi hanno donato le loro storie. Spero di essere stata un po’ di conforto per loro; loro sono stati sicuramente di conforto a me. E ancora Rilke, poeta del cuore: “…e udì estranea un estraneo che diceva: / iosonoaccantoate.” (Il rapimento, da: Nuove poesie). Ho incontrato questi versi nel diario di Etty Hillesum, e lì la traduzione era un po’ più suggestiva. Ve la riporto perché poi è così che a me risuona: “E sentì stranamente uno straniero dire: io sono con te.”
Giada