Anch’io sto con Stacchio, ma non perchè ha sparato ad un uomo.
Sto con Graziano Stacchio, il sessantacinquenne benzinaio della provincia di Vicenza che ha ucciso con un colpo di fucile il rapinatore quarantunenne Albano Cassol, perchè è l’unica persona che in questa brutta storia ha avuto parole di pena e dispiacere per i familiari della vittima.
Sto con Stacchio perchè si affanna a spiegare di non voler essere un esempio e di non voler essere strumentalizzato ( “Io non sono un divo, né un politico. Non è la mia vita, questa” ).
Sto con Stacchio perchè non solo gli si legge nel viso anziano e disperato quanto sta soffrendo per aver ucciso involontariamente un uomo – ha sparato a una gamba, reciso un’arteria femorale e la vittima è morta dissanguata – ma perchè esprime sconsolato quello che prova: “Una dimensione di disperazione, di sconforto, di confusione”. Sto con Graziano Stacchio perchè è l’unico che, nonostante l’angoscia, nel delirio che ha seguito il disgraziato epilogo della rapina alla gioielleria di Ponte di Nanto sembra rimanere lucido, e soprattutto rimanere umano. Un altro vicepresidente del Senato che non voglio nominare lo ha definito un eroe, un
sindaco di paese ha fatto stampare magliette con frasi da Far West ( “Io sto con Stacchio per la difesa del territorio” ) e poi ci sono i matti che in Rete scrivono sotto la foto del benzinaio “Na fusilà e fora dai cojioni”: una ficuliata e fuori dai coglioni, come se non fosse morto un uomo ma un animale molesto, e forse per un animale in parecchi si sarebbero dispiaciuti di più. Qualcuno già vede Graziano Stacchio parlamentare e lui protesta: “Spero abbiano rispetto della mia persona e non mi espongano”. Gli hanno dato una scorta per proteggerlo da eventuali ritorsioni della famiglia del giostraio ucciso e lui commenta: “E’ imbarazzante avere una scorta, se l’hanno deciso significa che ci saranno dei motivi. Però io francamente non temo reazioni da questa gente. Penso che anche i parenti della vittima abbiano capito perchè ho sparato, e che non volevo uccidere quell’uomo”.
PAUSA PUBBLICITARIA
Disertore, traccia 11 del bellissimo cd
“Trecentoventi”, di Emanuele Dabbono &
Terrarossa.
Un album pieno di energia per quelli che non gettano la spugna, per quelli che si
sporcano le mani in prima persona.
La sua iscrizione nel registro degli indagati per eccesso di difesa non è una stortura gauche caviar buonista, ma un automatismo: se uccidi un bandito per difenderti, sei indagato. I morti e le loro famiglie hanno dei diritti, o almeno dovrebbero averli. Di sicuro lo capisce Stacchio, uomo perbene che si chiede che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, e non si vergogna di mostrare la sua confusione: “A volte mi dico che ho fatto la cosa giusta, altre volte mi sento male, poi torno tranquillo e poi mi riprende lo sconforto”. Ha visto delle persone in difficoltà, ha sparato in aria, gli hanno risposto al fuoco, ha sparato ancora. Un uomo è morto: giostraio, nomade, pregiudicato. Aveva quarantun anni e dei figli.
La Jù.
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