Gentile psicologa, sono una affermata professionista quarantenne, il mio lavoro mi da grandi soddisfazioni, è il lavoro che ho sempre voluto fare e più volte ho ricevuto complimenti per la mia bravura. Non ho problemi economici, mi piace viaggiare, visitare nuove città ed ho molti interessi fra cui le camminate e il teatro. Purtroppo la mia vita privata non è altrettanto di successo. Le poche amicizie che ero riuscita a coltivare con fatica nel corso degli anni si sono affievolite tanto che ad oggi non ho neppure una vera amica su cui contare. E dal punto di vista affettivo nonostante abbia avuto molti uomini non ho mai trovato qualcuno che volesse veramente costruire una famiglia con me e dopo molti fallimenti mi riesce veramente difficile trovare qualcuno che stimoli la mia curiosità e mi spinga ad andare oltre ad una conoscenza superficiale. Ho cercato di comprendere se questa mia sfortuna sia dovuta in realtà a qualche errore nel mio modo di pormi ma senza giungere ad alcuna conclusione. So che queste poche righe non potranno descrivere pienamente il mio modo di essere ma mi piacerebbe molto avere un suo parere in merito che possa essere per me spunto di riflessione. Grazie Maura Un re ed una regina avevano tre figlie. Le prime due si erano sposate con due principi ma la più piccola, di nome Psiche, era talmente bella che nessun uomo osava corteggiarla. Tutti l’adoravano proprio come se fosse una dea e Afrodite, che era molto gelosa di tutte quelle attenzioni, decise di vendicarsi. Chiese a suo figlio Amore di scendere sulla terra e di scoccare una delle sue frecce nel cuore di Psiche per farla innamorare dell’uomo più povero e più sfortunato di tutti. Ma quando Amore la vide rimase cosi incantato dalla sua bellezza che se ne innamorò perdutamente. Decise di condurre Psiche nel suo palazzo ricco dei tesori più preziosi, e di giacere con lei tutte le notti senza mai mostrarle il suo volto. Psiche lo attendeva con ansia tutte le sere, i giorni però erano lunghi e per sentirsi meno sola invitava a palazzo le sue sorelle che, di volta in volta, le insinuarono il sospetto che Amore fosse un mostro e che presto l’avrebbe divorata nel sonno. Una notte, sicura che Amore dormisse profondamente, prese una lampada e illuminò il suo volto: alla vista di quel bellissimo dio alato dalle guance rosate e dai riccioli sparsi sulla fronte le venne voglia di baciarlo ma mentre stava per abbassarsi su di lui una goccia d’olio bollente cadde sulla sua spalla. Svegliato di soprassalto, Amore balzò in piedi, capì quello che era successo e tornò a casa della madre per curare le ferite. Apuleio racconta che Psiche dovette superare molte prove al limite dell’impossibile, come la discesa agli inferi, per placare la collera di Afrodite e dovette patire terribili tormenti prima di poter riabbracciare Amore. A volte ci capita di entrare in relazione con l’Altro senza desiderare mai di illuminare il suo volto. Ci relazioniamo a lui facilmente tanto quanto facilmente ci svincoliamo quando ci viene a noia. Ci sentiamo liberi e indipendenti, emancipati dalla relazione e dai suoi vincoli. Ma in alcune situazioni, molto più rare e intense, per ragioni oscure e misteriose, si accende in noi il desiderio di avvicinare il più possibile la luce al suo volto per studiarlo fin nei minimi dettagli. Ci smarriamo tra le sue luci e le sue ombre, perdiamo i confini del nostro corpo e al nostro Io non rimane altro che struggersi tra il dolore e la gioia, in un alternarsi che non sembra avere mai fine. Quando si illumina il volto di Amore, lavorare mantenendo la solita concentrazione diventa difficile, cosi come viaggiare senza soffrire la lontananza dell’altro o andare a teatro senza essere affascinati più dalle emozioni che si stanno vivendo che da quelle rappresentate sul palcoscenico. Ma come tutti i desideri che vengono ascoltati, anche quello di illuminare cosi ardentemente il volto dell’altro con il tempo si affievolisce. E poi scompare, lasciandoci profondamente trasformati. Signora Maura, si dia modo di coinvolgersi in una relazione superando il timore di cadere in balia dell’altro, mettendo in discussione la sua idea di libertà e indipendenza come distanza da quelle relazioni che potrebbero minacciare la sua autonomia: rimarrà sorpresa dal constatare che l’unico vero lavoro è quello che si fa su se stessi e che la camminata più importante è quella che si fa viaggiando attraverso gli altri. Dott.ssa Rita Ghezzi – rita-ghezzi@libero.it Psicologa clinica e psicoterapeuta in formazione