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IL VIAGGIO DI FRANCESCA (1^Parte)

PARTE PRIMA: ANTEFATTO
LA NASCITA DI FRANCESCA

Il tour della città di Catania era quasi concluso.
“Here, ladies and gentlemen, you can see in the middle of the place the statue of an elephant…”stava dicendo una guida ad un gruppo di turisti. Poco più in là un’altra guida proseguiva: “construit entierrement en pierre du volcain, il est surnommé le petit éléphant..” una terza guida un po’ più in là, in italiano, spiegava: “Si dice che l’elefantino abbia sempre difeso la città di Catania da ogni possibile pericolo…”
I turisti, stretti intorno alle loro guide, che erano ben visibili grazie ad un ombrellino colorato, seguivano la spiegazione con interesse, salvo qualche bambino piccolo che veniva zittito dai genitori. “Ed in quell’angolo la fontana…” tutti i turisti si volsero verso la zona indicata.
Alcuni notarono anche una bella donna che si trovava nei pressi. Era una giovane donna sui 25 anni, di media statura, snella, con i capelli e gli occhi neri e la pelle abbronzata che era dovuta al lavoro nei campi. Aveva una vaga rassomiglianza con l’attrice Claudia Mori da giovane. Stava quasi nascosta vicino alla fontana e pareva sulle spine, ma questo nessuno dei turisti lo notò. Vicino alla fontana vi era un ristorante, dove, pur essendo solo le sette, un gruppetto di uomini si era già seduto a tavola, per assaggiare il vino. Erano quasi tutti tipi latini, con capelli e occhi neri, robusti e con profili aquilini.
Uno in particolare, sui 45 anni, incrociò lo sguardo della donna, ma vedendo che lei lo evitava, pensò che se non era un’avventura, era meglio tenersi alla larga.
Finché si trattava di un’avventura, non gli pareva di fare un torto a sua moglie, ma se si fosse trattato di una relazione, era un altro conto.
Ora la donna teneva lo sguardo basso, come se si guardasse la punta di una scarpa, poi guardò verso la Cattedrale, come per farsi coraggio, e infine guardò l’uomo, ma il suo sguardo non diceva :“Prendimi, ci sto”. Piuttosto pareva dire: “Sono disperata, aiutami”. Se l’uomo fosse la persona adatta a cui rivolgersi, non lo seppe mai. Per tutta la cena continuò questo gioco di sguardi, poi gli uomini si alzarono per andarsene, ma quello che aveva notato la donna disse qualcosa sottovoce agli amici e questi, dopo averle gettato anche loro un’occhiata, lo lasciarono. Quando lei vide l’uomo avvicinarsi, si guardò intorno come in cerca di una via di fuga, poi come se dovesse per forza affrontare una prova, lo guardò negli occhi.
“Lei non ha mangiato” disse lui “Posso offrirle qualcosa? Qui hanno un ottimo vino, le piacerebbe assaggiarne un po’ con me?”
“E’ molto gentile” rispose lei “ma penso che dopo direi troppe stupidaggini”.
“Non si deve preoccupare” la rassicurò “Ho capito che lei non è una di quelle. Penso che ci sia qualcosa che la preoccupa e che per questo spera di trovare un uomo che possa aiutarla. Vedrà che con il vino sarà più facile parlarne”
Lei ci pensò su per un tempo che le parve infinito, poi bisbigliò: “Va bene”
Lui le spiegò di che vino si trattava, dove lo facevano, con che cibi era adatto, e la incoraggiò a provarlo anche così, a stomaco vuoto, ma lei non voleva. Allora lui si fece portare del pane e, dopo averne mangiato un po’, lei si decise.
“Buono!” esclamò.
“E’ vero che è buono? Ma non mi hai ancora detto come ti chiami.” Disse lui, passando al tu.
“Paola Fiorilli” rispose lei.
“Tipico siciliano” commentò lui “Io invece ho l’onore di chiamarmi come uno dei miei attori preferiti, cioè Franco Franchi. Io però non mi chiamo Franco ma Antonio.”
“Piacere! Sei di Catania città? Io vengo dalla campagna” e raccontò di una famiglia molto tradizionale che mal accettava quella figlia troppo moderna ed originale, che avrebbe voluto studiare invece di lavorare.
“Io” commentò lui ”quasi quasi darei ragione a loro, perché pure io se avessi una figlia…però sono contento che tu sia moderna, così non ti importerà sapere che sono sposato”
“L’avevo immaginato. Sai, io non sono un granché a letto…ho avuto un solo ragazzo, e quando i miei l’hanno saputo me l’hanno fatto subito lasciare…”
“Non importa. Ma dimmi: è questo che ti tormenta? Sei venuta via di casa e ora sei rimasta senza soldi? Sai, anche in città non c’è molto lavoro, per una donna poi…”
“Io posso fare anche le pulizie” disse lei.
“Dove abiti?”
“Da nessuna parte!” rispose lei con le lacrime agli occhi “All’albergo non mi fanno più credito perché è un sacco di tempo che non pago, e hanno trattenuto il mio bagaglio per indurmi a tornare a pagare.” Lui pareva riflettere.
“Non conosci qualcuno che possa affittarmi una stanza?” proseguiva lei. “Anche una cantina, basta che ci sia il gabinetto, io mi adatto a tutto e non farei la prostituta, te lo giuro!”
“Un mio amico” disse alla fine lui “ha un garage che aveva affittato a una famiglia che adesso è andata in Germania. Posso vedere se vuole affittarlo a te. Il gabinetto c’è.”
“Oh, grazie, grazie! Lo sapevo che potevo fidarmi di te! Qualcosa me lo diceva che sei una brava persona!” esclamò lei.
Lui offrì la cena. Quando lei fu sazia, lui tirò fuori una chiave: “Andiamo a casa tua” disse.
Lei lo seguì, felice.
“Allora, quel tuo amico eri tu?”
Lui nicchiò. “E’ un mio carissimo amico, di cui mi fido come di me stesso”
Passarono dall’albergo, lui pagò il conto e lei ritirò le sue cose. Poi, a piedi, perché era a poca distanza, andarono al garage.
“Vedrai” aveva detto lui “che non è un granché. E’ proprio un alloggio di emergenza”
“Se si è adattata una famiglia, mi posso adattare pure io” aveva risposto lei. Fu con una certa apprensione che lei lo guardò girare la chiave nella serratura. Poi la porta si aprì, e vide un monolocale che le piacque. “Lo so,” disse lui ” non è una vera casa. I mobili sono da rigattiere, non c’è una vera cucina, solo l’angolo cottura. E quella specie di armadio a muro è il gabinetto, che non ha finestre. Che ne pensi?” – “Per me va benissimo! Magari attaccherò qualche quadretto per dargli un’aria un po’ più accogliente”
“Ah, le donne! Ti preoccupi del quadretto invece di chiedere se c’è il gas, se d’inverno fa freddo…e poi non puoi attaccare niente perché le pareti sono di metallo. Al massimo ci puoi incollare qualcosa con il nastro adesivo, ma preferisco di no!” Lei si sedette sul letto. Lo aspettava. Fecero l’amore ed era proprio come lui l’aveva immaginata: non era vergine ma non era “una di quelle”. Verso l’una lei si era assopita. La svegliò dicendole : ”Ciao, io devo andare. Non vorrei che mia moglie telefonasse a qualche mio amico per sapere che fine ho fatto “
“Ciao” rispose lei baciandolo insonnolita. Improvvisamente si riscosse e chiese: “Come farò a chiudermi dentro, se si può chiudere solo dal di fuori? Quella famiglia che ci abitava non aveva paura dei ladri o dei malintenzionati?”
“Va bene, chiuderò io dall’esterno. Poi domattina ti vengo a liberare”
Fu così che cominciarono le giornate, quasi tutte uguali, della loro relazione.
2 – continua

Romanzo di Anna Gay

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