Certe volte mi siedo sul mio letto a fissare il muro. Le ore passano e io non me ne accorgo. È come se fossi risucchiata in un loop oscuro senza che me ne renda conto. Fisso il muro e aspetto che i miei pensieri mi devastino, ancora una volta, ancora un giorno, ancora una vita.
Aspetto che cambi qualcosa in me o nel mio modo di vedere il mondo. Eppure tutto rimane uguale, tristemente apatico. Non sento più nulla e nulla più cattura la mia attenzione. Mi annoio con poco e sento dentro di me qualcosa di marcio. Mi sento come se fossi un veleno e lentamente mi stessi uccidendo da sola. Mi sento come la lama di un coltello conficcata nella pelle.
Il mio corpo è pesante e spesso vorrebbe solo essere quello scheletro sepolto sotto metri di terra di cui nessuno si ricorda più.
Vorrei aver capito cosa mi fa male o cosa vorrei da me stessa, eppure mi sento così vuota.
È come se dentro di me non ci fosse più nulla. Solo vuoto. Solo buio. È come se dentro di me si aggirassero solo spettri, demoni e ricordi mascherati. È come se dentro di me ci fosse solo solitudine. Ho paura di vivere così.
Ho paura di me stessa e ho paura di chi posso diventare. Ho paura di perdere il controllo, perché so che metterei a rischio me stessa.
Ho paura dello sguardo degli altri e così cammino a testa bassa guardando solo le scarpe delle persone che mi camminano vicino.
Ho paura di alzare la voce e così sussurro, sperando sempre di non farmi sentire.
Ho paura per la mia vita, perché so che tra poco sarà finita. Ho paura. Paura di me stessa e di quello che mi circonda. Mi faccio schifo da sola e cerco invano di cancellare il mio riflesso dallo specchio. Mi odio più di tutti perché mi sono permessa di arrivare così in basso senza sapere come tornare a vivere. Ho paura di quelli che mi circonda, perché so che potrebbe farmi affondare in un secondo. Ho paura di quello che diventerò e così penso a come farla finita prima.
Ho paura della società in cui vivo, perché tutti ci tengono a ricordarti come tu sia una nullità. Un nulla. Un nulla in mezzo a loro. Un nulla da sola.
Ho paura e basta. Mi faccio schifo e mi faccio paura; e quando ho capito che non avrei mai avuto abbastanza tempo per trovare il coraggio di urlare, ho deciso di imporre la mia storia ai miei pensieri, in modo che qualcuno, da qualche parte del mondo, legga dei fogli senza senso e che si ritrovi tra le mie parole. Anche se, forse, pensandoci bene, nessuno dovrebbe mai ritrovarsi nei miei pensieri. E se prendo carta e penna non lo faccio solo per sfogarmi ma per punirmi e per soffrire nel silenzio della mia vita.
Se prendo carta e penna lo faccio per conficcarmi la penna nel polso e sanguinare su quella bianche pagine. Se mai qualcuno leggerà queste righe voglio che sappia che io sono stata me stessa e che non è mai bastato. Avrei dovuto chiedere aiuto, ma forse il mondo era troppo concentrato su sé stesso per accorgersi di qualcuno lì attorno. Forse il mondo era sordo per i problemi degli altri, o forse preferiva girarsi dall’altra parte e guardare solo il bello che lui stesso creava. Voltare le spalle al marcio era forse la soluzione migliore? Si. Come nei vecchi film quando si butta la polvere sotto un tappeto. Nascondere il marcio che il mondo possiede è forse la forma migliore di autodistruzione.
E così per noi stessi: nascondere i nostri problemi dai nostri stessi sguardi è l’arma migliore per ammazzarci. Se i miei pensieri fossero solo un cumulo di cenere in mezzo a un fuoco rovente, non mi stupirei del dolore che essi portano; ma i miei pensieri sono dolore in una stanza vuota.
Come in una camera mortuaria. Tutti attorno al defunto a piangere in silenzio, dimenticando i peccati e il dolore di quest’ultimo.
Forse nella camera mortuaria ci starei bene io, con le mie insicurezze, con i miei dubbi e con i miei silenzi. Ma chi andrebbe mai al funerale di nessuno?
Dal libro: “Il nulla” di Valeggi Eleonora