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Il mondo prima

Quel che è accaduto ai passeggeri dell’aereo della compagnia Malaysia Airlines abbattuto in volo e precipitato vicino al villaggio di Grabovo, tra Ucraina e Russia, è la terribile metafora della casualità e della ferocia del male, di quel che può accadere ad ognuno di noi in ogni momento, aggrediti da un folle o un fanatico, strangolate da un marito in preda a un raptus o lucidamente omicida, investiti dall’auto di un ubriaco, con questa volta l’aggravante della strage e del mistero su quel che è davvero accaduto al volo MH17 in viaggio da Amsterdam a Kuala Lumpur. Duecentonovantotto persone: tra questi c’erano 154 olandesi, 27 australiani, 23 malesi, 11 indonesiani, 6 inglesi, 4 tedeschi, 4 belgi, 3 filippini e un canadese. Molti stavano andando in vacanza, altri erano in viaggio per lavoro, i malesi tornavano a casa. Sei in cielo, diretto in un Paese che forse non conosci e sul quale nutri curiosità e speranze e sogni, oppure stai andando per lavoro in un posto tanto lontano dal tuo mondo e sei intimorito dai cambiamenti e gli incontri e le novità che ti aspettano, o invece stai tornando a casa tua, da qualcuno che ti aspetta. Insomma, stai vivendo la tua vita: eccitante o triste o noiosa o felice o squallida o banale o serena in quel momento. Ma sei vivo. Stai leggendo, forse. O guardando un film. Mangiando il pasto cattivo dell’aereo per noia, bevendo troppo per dormire o vincere la paura del volo. Stai facendo un gioco sul computer o scrivendo una lettera d’amore alla persona di cui ti stai innamorando e alla quale vuoi assolutamente dire qualcosa di molto importante. Oppure stai pensando che devi cambiare lavoro, iscriverti in palestra, fare le analisi del sangue, dipingere di giallo le pareti della cucina, telefonare un po’ di più a tua madre. Stai facendo progetti piccoli e grandi, minimi, sciocchi, o impegnativi e importanti. Magari stai dormendo e stai sognando. A terra ci sono le persone che ti amano e quelle che vorresti ti amassero, ci sono i parenti, gli amici, i nemici, a terra ci sono gli altri. I vivi. E improvvisamente, in mezzo a quel nulla, c’è un’esplosione e non esisti più. Per l’atto assurdo ed insensato di un assassino, un soldato, un fanatico, un pazzo, un criminale, una persona accecata dal male e dall’ignoranza o forse di uno che ha solo fatto qualcosa che gli hanno detto che doveva fare, e non si è chiesto nient’altro, di uno che chissà – è assurdo ma c’è quasi da sperarlo – uno che si è sbagliato, la tua vita si spegne. Inconsapevole, senza motivo, senza un senso e senza un addio: proprio in mezzo al cielo, un non luogo, la terra senza tempo, senza connessione, l’unico posto dove ormai non puoi troppo distrarti in ogni istante e finisce che stai un poco di più con te stesso. Indifeso. Vivo. Con la tua scatola di sogni, speranze, sconfitte, paure e banalità, insomma con la tua vita. Quel che è successo nel cielo di Donbass è la terribile metafora della condizione umana. Un’esplosione, e sei morto. Non esisti più. Senza che ci sia nessun senso – oltre a quello che avrai lasciato sulla terra fino a quel momento per gli atti che hai compiuto e per quanto e come hai amato – se non quello di ricordare a noi che rimaniamo l’assurdità del male, il pericolo della guerra e dell’odio. Ma non avevamo bisogno che ci venisse ricordato. Jù. http://www.alegraaa.blogspot.it/ http://www.facebook.com/laju.franchina

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