Mattina di quiete e di silenzio. Ho bisogno di fermarmi e stare in ascolto, ho bisogno di far scivolar via le tracce residue di giornate troppo piene. Da introversa, la mia capacità di digerire gli stimoli esterni è arrivata a un livello di guardia e urge uno stop. Mondo esterno rimani fuori per un po’, ora ho bisogno di ricentrarmi. Queste giornate pre-natalizie sono troppo cariche: di cose da fare, di traffico, di gente nervosa, di code ovunque, non solo nei negozi, ma anche per tornare a casa la sera, per fare la spesa, per salire sull’autobus. Troppo rumore, concreto e interiore. Anche in ospedale l’atmosfera natalizia si fa sentire. I reparti sono addobbati in modo festoso, ovunque sbucano pacchi colorati e ben infiocchettati, i dolci in circolazione mandano alle stelle le glicemie di tutti. Nelle stanze, però, i problemi non cambiano e non si alleggeriscono solo perché è Natale, anzi. Essere ammalati a Natale aggiunge un peso che in periodi normali non ci sarebbe. E ovviamente morire in questi giorni getta un velo oscuro sul Natale di oggi e su quelli a venire, che scandiranno il tempo del ricordo e rimarranno gravati da un dolore, da una tristezza totalmente fuori sintonia rispetto alla festosità che aleggia intorno. Questo è il Natale con i suoi coni d’ombra. Le luminarie e i pacchetti colorati creano una luce che inevitabilmente proietta ombra. E lì si annidano e trovano rifugio molti degli stati d’animo apparentemente reietti ma potentemente presenti e alquanto diffusi. Tristezze, malinconie, ricordi nostalgici, senso di fastidio verso quei brillii avvertiti come inautentici e superficiali. Rigurgiti di acido a bilanciare troppo miele. Malumori, borbottii, bronci a contrastare jingle festanti e sdolcinati, allegrie forzate, sorrisi smaglianti e risate troppo forti, scambi di auguri superficialmente calorosi tra perfetti sconosciuti. In questi giorni ho vissuto tutte le sfumature natalizie, dalle luci ai coni d’ombra. Perché poi a me le luminarie piacciono, mi piace lo scambio di pacchetti, il brillio festante. A casa abbiamo fatto l’albero e il presepe, e la sera accendo le luci a intermittenza e sto lì a guardarle ipnotizzata come ipnotizzata posso guardare dalla finestra i fiocchi di neve che scendono o il fuoco nel camino. Però mi sono innervosita nelle code, nei rumori, tra le troppe persone intorno; ho sentito il dolore di chi guarda il Natale altrui e vorrebbe che scomparisse, di chi mi sorride coi macigni nel cuore.Ora ho bisogno di silenzio, di lasciare il Natale fuori casa, luci e coni d’ombra fuori dalla porta. Per un po’, il tempo di far scivolar via le increspature del mare, di tornare al ritmo normale delle onde che si frangono sulla spiaggia.
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