Ieri ho fatto la mia passeggiata seguendo il tramonto: svoltavo nelle vie che mi consentivano di vedere il cielo rosa-arancio mosso da nuvoloni… Milano non offre grandi aperture di orizzonte, bisogna accontentarsi, e io mi accontento.
Riflettevo su un pensiero di Simone Weil che avevo letto prima di uscire: “La gente che salta a piè pari verso il cielo, assorta tutta nello sforzo muscolare, non guarda più il cielo. E lo sguardo è la sola cosa efficace in questo lavoro. Poiché fa scendere Dio. E quando Dio è sceso fino a noi, ci solleva, ci dà le ali.”
Io non sono credente, e adatto questa frase alla mia ottica laica. Dio rappresenta la nostra dimensione spirituale, la capacità umana di trascendere i propri stretti confini egoriferiti. Per me Dio è la vita.
Guardare il cielo, concretamente e simbolicamente, apre alla vita e mi dà ali per non farmi intrappolare in un quotidiano troppo concreto ed angusto.
Lo sguardo è fondamentale per me: è il ponte tra la realtà concreta e la vita che mi attraversa e va oltre. Lo sguardo mi fa cogliere la pienezza delle cose, la vita nella sua incarnazione; mi fa stare nel qui e ora. Ma mi apre anche al senso di infinito.
Terra e cielo.
Quando cammino e guardo sto bene, mi sento al mio posto nel mondo. Insieme agli altri, qui e ora, sotto il cielo.