1. Spirit
2. From the Pinnacle to the Pit
3. Cirice
4. Spoksonat
5. He Is
6. Mummy Dust
7. Majesty
8. Devil’s Church
9. Absolution
10. Deus in Absentia
Formazione:
Papa Emeritus III – voce
Nameless Ghoul – chitarra solista
Nameless Ghoul – chitarra ritmica
Nameless Ghoul – basso
Nameless Ghoul – tastiere
Nameless Ghoul – batteria
La prima volta che ho letto di questi Ghost, li etichettai come uno dei tanti gruppi Black Metal in circolazione oggi; poi, spinto dall’entusiasmo generale nei confronti dei loro lavori, mi sono deciso ad ascoltarli e ho scoperto con grande stupore che in realtà con il genere sopracitato non hanno nulla a che fare, in quanto suonano un Rock con più o meno lievi sfumature Heavy Metal a seconda dei brani, ma con una costante dose di melodia, che non guasta mai. L’unica analogia con il genere delle chitarre zanzarose riguarda l’immagine: difatti, la band è ufficialmente composta da cinque strumentisti incappucciati che si fanno chiamare Nameless Ghouls che supportano il vero protagonista, il cantante, travestito e truccato come un inquietante pontefice, che si fa chiamare Papa Emeritus seguito da I, II o III a seconda del numero dell’album. Secondo molti, me compreso, il cantante non cambia mai, ma i sei svedesi o chi per loro fanno credere il contrario. Devo essere sincero, i primi due lavori non mi sono sembrati quegli ottimi dischi promossi da molte riviste e siti: il primo, Opus Eponymous, mostra un sound ancora acerbo e che abusa di dissonanze; il secondo, Infestissumam, è più ragionato e anche più spostato verso la melodia, aspetto che si conferma anche nel nuovo Meliora, uscito poco dopo la metà di agosto.
L’introduzione della prima canzone induce l’ascoltatore in uno stato di inquietudine, smorzato poi dalle prime pennate del riff cadenzato che introduce alla vera e propria traccia d’apertura, Spirit, che pone immediatamente le coordinate dell’album, vale a dire gran lavoro chitarristico e linee vocali di facile presa, arricchite da molteplici controcanti. L’opener scorre via liscia lasciando qualche dubbio solo nell’intermezzo strumentale, poco efficace ma che si collega perfettamente alla ripresa del tema e alla chiusura del pezzo, questa decisamente azzeccata. La successiva From the Pinnacle to the Pit è il primo pezzo tirato di Meliora e a tratti ricorda l’operato dei primi Black Sabbath, specialmente nella voce del Papa che ricorda molto Ozzy Osbourne. Da segnalare qui un ottimo ritornello, come peraltro lungo tutto il lavoro. Altro pezzo degno di nota è Absolution, caratterizzato da una strofa accattivante e un chorus che sembra scontato, ma in realtà gioca su controtempi e accenti che spezzano volutamente l’incedere della traccia. Ottime anche le tastiere che guidano l’inaspettato intermezzo che richiama agli anni Ottanta. Buona canzone, Deus in Absentia è la traccia conclusiva e presenta nella strofa un ritmo particolare prima di sfociare in un ritornello molto melodico, arricchito dagli immancabili coretti che rimandano alla tradizione glam di una trentina d’anni fa. Una critica spesso rivolta a questo gruppo è quella di essere un copia-incolla di vari gruppi del decennio ’70-’80 e per i primi album in parte condivido, ma in questa terza uscita le influenze sono ben incanalate e la proposta risulta originale ed in un certo senso innovativa, come una nuova interpretazione di un genere ormai dato per morto e in stato di decomposizione come il Rock.
Sostanzialmente i punti deboli dell’album sono due: Mummy Dust e Majesty. La prima è senza ombra di dubbio la canzone più heavy del lotto, caratterizzata da linee vocali sempre in bilico tra pulito e scream, con degli inserti di piano nel ritornello, ma alla lunga stanca in quanto non si muove mai dal riff portante, dilatato per tutta la lunghezza del brano. Majesty invece è proprio l’unico pezzo veramente sottotono dell’album, del quale si salvano solamente il riff di chiara matrice Deep Purple a fare da intro e la strofa; il resto rappresenta i pochi minuti da buttare via di questo Meliora, tra un mordente che stenta a rivelarsi e una durata troppo elevata.
Particolare rilevanza voglio dare però a due tracce, Cirice e He Is, che sono indubbiamente i due pezzi migliori dell’album, offrendo un contributo fondamentale all’ottimale riuscita dello stesso. Cirice è semplicemente la canzone perfetta dei Ghost: dall’arpeggio inquietante al riff semplice ma diretto, con un ritornello che entra in testa dopo anche solo un ascolto. Egregio lavoro anche del Nameless Ghoul tastierista, che impreziosisce il tutto prima con un piano tanto in sottofondo quanto efficace sul chorus e successivamente con un passaggio che chiude al meglio il riuscito assolo del chitarrista solista. Insomma, il pezzo migliore della loro finora breve carriera. He Is è invece un pezzo che spiazza letteralmente le orecchie di chiunque ascolti l’album; dall’inizio arpeggiato si arriva ad una strofa che richiama quasi atmosfere liturgiche per poi svilupparsi in un ritornello che non si fa riguardo di assomigliare a una hit dei primi Duran Duran. Eppure, il connubio riesce alla perfezione e il pezzo si trasforma in un godibilissimo rock leggero che premia il coraggio del sestetto dall’identità misteriosa.
Tirando le somme, questo nuovo disco dei Ghost non farà che confermare il discreto successo ottenuto con i primi due, ma dimostrerà più di ogni altro loro lavoro che dietro al trucco da “Papa cattivo” e dietro ai cinque cappucci ci sono dei veri musicisti, con vero talento e tanta passione e che non si aggrappano all’immagine per mantenersi sulla cresta dell’onda. Meliora è consigliato sia per un ascolto impegnato, sia per un ascolto leggero, perché alla fine l’album incarna sia l’una che l’altra concezione della musica, riuscendo a soddisfare entrambe le necessità; in fondo, non poteva andare “melio”. Voto 8,5.
Carlo Chiesa