Sta per terminare un altro anno scolastico e tanti ricordi si affollano nella mente. 20 anni fa morì la mia maestra, la Signorina Bianca Bresciani: insegnante severa e autoritaria, ma che svolgeva il suo lavoro con amore e passione. Ci lasciò al termine della quinta, infatti, con un’ottima preparazione scolastica e un grande insegnamento per la nostra vita: ”Vivi con amore”, scritto su una medaglia in bronzo, esplicito motto che lei stessa ci dimostrava col suo esempio. Essendoci allora la maestra unica, noi bambine eravamo molto affezionate a lei, in certe situazioni quasi fosse una seconda mamma. Affetto che lei contraccambiava anche cogliendo e valorizzando il meglio in ognuna di noi. Impossibile dimenticare le sue lezioni approfondite, i compiti impegnativi, ma spesso fantasiosi che ci assegnava; le tantissime poesie imparate a memoria; le cartine geografiche millimetrate; le ricerche sul territorio intervistando persone e osservando la natura; le regole di comportamento; i quaderni che pretendeva in perfetto ordine e bella calligrafia, altrimenti strappava pagine senza pietà. Allora, per noi bambine, era molto impegnativo, anche perché usava metodi decisamente esagerati: schiaffoni e tirate d’orecchie, soprattutto nelle interrogazioni.
A posteriori a lei va però un grazie riconoscente! Personalmente rivolgo ancora a lei il mio grande grazie per avermi fatto esprimere, in un tema in classe, il mio sogno che, seppur dopo molti anni, ho poi davvero realizzato: diventare poetessa. Senza quel tema chissà se avrei avuto il coraggio di esternare quella timida aspirazione, oggi felice realtà!
È merito suo se, oltre alla passione naturale, ho imparato a mettere nero su bianco pensieri in modo corretto, arricchendoli con molti aggettivi, a cui lei teneva tanto, ampliando in tal modo il mio vocabolario e la mia fantasia. Ripenso spesso a lei quando scrivo poesie, ne sarebbe contenta, forse un po’ meno per i versi dialettali: ci raccomandava infatti di parlare sempre in italiano, anche in famiglia.
Erano anni in cui il dialetto era considerato purtroppo una “lingua di serie b”. In molte famiglie tuttavia convivevano i nonni, pertanto si parlava quasi solo in dialetto. Per fortuna negli ultimi tempi il dialetto è stato rivalutato, riconoscendone il patrimonio di cultura, saggezza popolare e ricchezza di valori intramontabili, espressi spesso con schietta ironia. Negli anni ‘60/ ’70 e fino agli anni ’80, c’era la maestra per le classi femminili, il maestro per quelle maschili e il sacerdote, per noi il simpatico e indimenticato Don Tullo, per l’ora di religione. Insegnanti di allora della scuola elementare, ricordati ancora oggi dai loro alunni con affetto, furono: M° Bianchi, Zuccaro, Cadioli, Fargione, Turelli, Bellandi, Branca, Treccani, Boschetti, Moreni, Tisi, Spadavecchia, Gialdini, Morelli, Cesarò, Possi, Ramazzotti, Dell’Adamino e Bresciani, madre e figlia ( spero di non avere dimenticato qualcuno).
Ornella Olfi