ISEE e Anagrafe Tributaria
Banche e operatori finanziari devono aggiungere alle comunicazioni obbligatorie che ogni anno trasmettono al Fisco i dati sulla giacenza media dei conti correnti, una novità che riveste una particolare importanza ai fini ISEE: chi per accedere alle prestazioni di welfare chiede l’ISEE, indicatore della situazione economica equivalente, presentando l’apposito modulo (la DSU, dichiarazione sostitutiva unica), in base alla riforma in vigore da inizio 2015 deve presentare, fra gli altri, anche il dato sulla giacenza media del conto corrente. Dal prossimo anno, prevedibilmente, questa non sarà più un’informazine autodichiarata dal contribuente, ma sarà direttamente l’Agenzia delle Entrate a comunicarla all’INPS (che rilascia l’ISEE), rilevando il dato dall’Anagrafe Tributaria.
La giacenza media è l’importo medio delle somme a credito nel corso dell’anno sul conto corrente. La riforma ISEE prevede come detto l’indicazione di questo dato fra le varie informazioni relative alla situazione patrimoniale necessarie per ottenere l’indicatore della situazione economica equivalente, che come detto serve per accedere a prestazioni di welfare. Per il momento, è il contribuente a dover inserire il dato nella DSU: è possibile richiedere direttamente allo sportello bancario (o di Poste Italiane) l’ammontare della giacenza media. Ricordiamo anche il metodo per calcolarselo autonomamente: si sommano i numeri creditori dell’intero anno presenti in estratto conto, e si divide il risultato per 365. L’inserimento, fra le informazioni da dichiarare ai fini ISEE, del dato della giacenza media è una delle misure anti-furbetti inserite nella riforma: prima bastava inserire il dato relativo all’ammontare delle somme in conto corrente di fine anno, ma era diffusa la pratica di svuotare il conto corrente a fine dicembre e poi riempirlo nuovamente nei primi giorni dell’anno successivo.
In generale, la riforma ISEE ha semplificato la vita al contribuente, togliendo spazio alle informazioni autodichiarate: in pratica, una serie di dati, come ad esmepio il reddito, che prima bisognava dichiararere nella DSU, adesso vengono direttamente rilevate dall’amministrazione. Dal 2016, si proseguirà ulteriormente su questa strada, inserendo anche alcuni dati relativi alla situazione finanziaria fra quelli che non vanno più autodichiarati, perché saranno direttamente comunicati dall’Agenzia delle Entrate all’INPS. L’obbligo per gli operatori finanziari di comunicare all’Anagrafe Tributaria la giacenza media sembra andare in questa direzione.
Cookie e privacy online: il kit per tutelarsi
Assicuare agli utenti in Rete il rispetto della privacy online grazie al kit di implementazione della “cookie law”, che le associazioni di categoria di Editoria, Comunicazione, Pubblicità Digitale ed e-Commerce hanno presentato al Garante. Già, perché in quanto a diritti di riservatezza c’è ormai una buona consapevolezza, per quanto scarseggi l’attenzione alle note informative, spesso lunghe da leggere e poco chiare, come peraltro mostra un’indagine Doxa su un campione rappresentativo di Italiani. Il 72% degli utenti del Web, per esempio, è consapevole del proprio diritto di cancellazione dagli elenchi pubblici (per difendersi dal Telemarketing selvaggio), mentre il 64% lo è del diritto di visione, anche se si chiede una maggiore semplificazione. Addirittura, il 33% degli intervistati non legge le avvertenze legate alla privacy perché troppo lunghe e farraginose. Per questo motivo, il Garante Privacy ha dettato le linee guida per la protezione dei dati personali, con un provvedimento (n.229/2014) esecutivo dal 2 giugno che punta a rendere più semplice le informazioni per l’acquisizione del consenso informato per l’uso dei cookie (opt-in).
Grazie al kit di implementazione, chi naviga in rete sarà informato con maggior trasparenza sul funzionamento dei cookie installati.
Facebook: quando spiare il dipendente è lecito
Spiare il dipendente su Facebook utilizzando un falso profilo è lecito, ma solo a determinate condizioni: a definire i confini tra controlli aziendali leciti e invasione della privacy dei lavoratori è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10955/2015. Più in particolare i giudici supremi hanno stabilito che il datore di lavoro può spiare i dipendenti con un falso profilo Facebook nel caso sospetti che questi siano soliti chattare durante l’orario di lavoro, a patto che tale comportamento metta a repentaglio la sicurezza dell’azienda e ledano il patrimonio.
Il caso
Il caso riguardava un operaio che aveva presentato ricorso contro il licenziamento per giusta causa. Il licenziamento era avvenuto dopo che l’addetto alle presse di una stamperia si era allontanato per un quarto d’ora dalla sua postazione per chattare e per questo non si era accorto che una pressa era bloccata da una lamiera incastrata. Ad aggravare il tutto il fatto che l’operaio ha continuato a chattare su Facebook durante l’orario lavorativo anche nei giorni successivi l’incidente. Il datore di lavoro, per avere conferma del comportamento del dipendente, ha incaricato il responsabile del personale di creare un falso profilo di donna sul social network e con questo ha poi incastrato l’operaio.
La sentenza Un’iniziativa ritenuta lecita dalla Cassazione non avendo: “ad oggetto l’attività lavorativa e il suo esatto adempimento, ma l’eventuale perpetrazione di comportamenti illeciti da parte del dipendente” già manifestatisi in precedenza e non in contrasto con lo Statuto dei lavoratori, mancando “di continuità, anelasticità, invasività e compressione dell’autonomia del lavoratore”. Riassumendo, per i giudici della Cassazione sono ammissibili i controlli occulti: anche “ad opera di personale estraneo all’organizzazione aziendale, in quanto diretti all’accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo e qualitativo”, purché le modalità di accertamento non siano “eccessivamente invasive” e siano “rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti”. Da notare che anche l’eventuale localizzazione del dipendente tramite il suo accesso a Facebook dal cellulare è ritenuto lecito: “Nella presumibile consapevolezza del lavoratore di poter essere localizzato attraverso il sistema di rilevazione satellitare del suo cellulare”.
Fonte:Corte di Cassazione
Imu 2015: deduzione e novità
Vediamo le principali novità in materia di deduzioni ed esenzioni in vista dell’acconto IMU 2015 del 16 giugno per le imprese. Le regole generali per gli immobili del gruppo catastale D (magazzini, immobili strumentali d’impresa) sono le stesse già applicate l’anno scorso. All’imponibile IMU (rendita catastale rivalutata del 5%) si applica il coefficiente relativo agli immobili del gruppo catastale D, che è 65 (fanno eccezione gli immobili classificati in D5, che sono le banche, per i quali il moltiplicatore è 80). Su questi immobili resta l’agevolazione prevista dalla Legge di Stabilità 2014 (articolo 1, comma 715, della legge 147/2013) che consente una deduzione in dichiarazione dei redditi del 20%. Qui, bisogna ricordarsi due cose: la prima, questa agevolazione non vale ai fini IRAP. La seconda, la deducibilità decorre dal periodo d’imposta 2013. Quindi, l’eventuale IMU versata tardivamente nel 2014 ma riferita a un anno di imposta precedente al 2013 (per esempio, al 2012), non è deducibile. Se invece l’imposta versata in ritardo riguarda il 2013, allora è possibile applicare la deduzione del 20%.
Terreni agricoli
Si applica il decreto 4/2015 che riscrive le regole relative all’esenzione dei terreni agricoli (che sono cambiate diverse volte nel corso nell’ultimo anno, con un susseguirsi di provvedimenti e smentite, quindi il consiglio è di controllare bene la legge). Non pagano l’IMU i terreni, anche se non coltivati, che si trovano nei comuni montani (in base alla classificazione ISTAT). Se il terreno si trova invece in un comune parzialmente montano, l’esenzione è limitata a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, sia che siano proprietari sia che il terreno sia in comodato d’uso o in affitto. In tutti i casi diversi dai due appena citati, è dovuta l’IMU, che quindi verrà pagata da tutti i proprietari di terreni non montani, e di terreni parzialmente montani non posseduti o affittati da agricoltori diretti e imprenditori agricoli.