Molto tempo fa, quando la pace e l’armonia regnavano sulla terra, piante, animali e persone vivevano in sintonia tra di loro, il padre delle stagioni “Il Tempo” decise di vedere quale dei suoi quattro figli fosse il più gentile, più pietoso e compassionevole. Si travestì da vecchio mendicante cencioso e partì. Prima si fermò alla porta del palazzo dove viveva la Primavera. Il castello bianco sorgeva in un rigoglioso, bellissimo giardino pieno di ciliegi fioriti, in mezzo a un mare di narcisi, tulipani e giacinti. La primavera splendeva nella sua veste bianca ricamata d’oro, con una corona di rose sui capelli. Il vecchio fece un passo timidamente e le chiese piano: “Dammi un ramo dei tuoi alberi, ne hai tanti.” Lo ammirerò durante il cammino e il mio percorso sarà più facile”. – “Non posso”-, tagliò corto la Primavera. ”Gli alberi stanno fiorendo ora, non posso darti i loro rami”. – “Allora dammi almeno un fiore.” Ne hai così tanti”. “Non posso fare neanche questo”. Mi dispiace per i miei fiori, dovrebbero essere sempre intorno a me”.
Deluso, l’anziano si voltò e se ne andò.
“Possano gli altri miei figli essere migliori e più compassionevoli”, pensò il Tempo, volando verso il castello dell’Estate. Enormi campi di grano dorato si estendevano intorno al palazzo. Il vecchio varcò lentamente la soglia della porta alta e chiese qualche spiga di grano.
“Non posso darti nulla”, rispose l’Estate con fermezza. “Il grano è da mietere, questo non è il momento di regalarlo.”
Il Tempo non disse nulla, si voltò e se ne andò.
E per rinfrescarsi dal caldo estivo, decise di fermarsi al castello dove viveva Inverno. Alto e maestoso, il palazzo troneggiava su una ripida scogliera, in mezzo a un mare di maestosi pini secolari. Il Tempo sprofondò nella neve davanti alla soglia e bussò al massiccio cancello di legno. Il maggiore dei figli, l’Inverno, aprì la porta. Abbassò lo sguardo sul vecchio emaciato e gli chiese perché fosse venuto fin qui. “Voglio entrare, scaldarmi, e se puoi darmi qualcosa da mangiare, sono giorni che non metto un boccone di pane in bocca”.
“Ti rendi conto cosa mi stai chiedendo, ho raccolto cibo solo per me, non ho da darti, cerca altrove!” E sbattè la porta senza nemmeno salutare. Il “mendicante” sospirò e volò a casa dell’ultimo dei suoi figli, Autunno.
L’autunno viveva in una modesta casa di legno in un bellissimo boschetto di betulle. Nel cortile della casa c’era un frutteto con alberi carichi di frutti succosi. Dalie e crisantemi brillavano nelle aiuole e i grappoli della vite serpeggiante attiravano con la loro dolcezza ambrata.
Il Tempo rimase sbalordito da tanta bellezza, dimenticò per cosa era venuto. L’Autunno ha aperto lei stessa la porta e ha gentilmente invitato lo sconosciuto ad entrare. Gli offrì da mangiare e da bere, riposare e raccogliere le forze. Alla fine gli porse un cesto pieno di uva, mele e pere. Il Tempo si fermò, gettò via il mantello logoro, si alzò in tutta la sua statura e disse: “Per aver mostrato misericordia e compassione ti regalo saggezza, pazienza e speranza. Troverai un senso in ogni cosa, sopporterai il dolore con pazienza e non perderai mai la speranza. E la tua saggezza e bellezza aiuteranno le persone, umilieranno i superbi, ispireranno i deboli e da-ranno speranza ai miscredenti. Sarai la stagione che insegnerà alle persone che la vita è un ciclo e l’oscurità non esiste, perché è mancanza di luce e il tramonto non è triste perché è un precursore dell’alba. Da allora, l’autunno, la più gentile e compassionevole delle stagioni, ci aiuta ad affrontare con dignità la fine dell’estate e a prepararci all’inverno della vita senza paura, nella speranza che la fine sia effettivamente un presagio di un nuovo inizio.
Darina Naumova