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E andando nel sole che abbaglia

E andando nel sole che abbaglia, sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Amo questi versi e spesso si affacciano alla memoria, traghettati da stati d’animo che con loro risuonano. Mi colpisce, però, che gli stati d’animo che richiamano quei versi possano essere anche piuttosto diversi.
A volte risuonano con la stanchezza, la fatica, il confrontarsi con i soliti problemi; a volte sanno più di tristezza, di umore nero, di malinconica consapevolezza… Altre ancora di quieta consapevolezza, di compassione per tutti gli esseri umani che si danno da fare per vivere, che si arrabattano con gli strumenti che hanno e che cercano.
Siamo nati per vivere, e non necessariamente per essere felici. Spesso la ricerca della felicità rende infelici e frustrati, mentre il dir di sì alla vita dona vita. Ricca, complessa, piena di sfumature.
Quello che mi piace di questi versi è che se da una parte ci trovo il dolore, quel sentimento del mondo un po’ leopardiano -“… Ancor che triste, e che l’affanno duri.”- dall’altra mi arriva anche una dolcezza che quieta, un’accettazione saggia e amorevole della vita.
La muraglia non finisce, né finiscono i cocci aguzzi, ma c’è un cielo al di sopra, c’è un sole che fa il suo corso, ci sono la contemplazione e il raccoglimento che danno senso e accolgono le pene. È un bel sentimento dello stare al mondo.
Paola

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