Grazie alla “zona bianca” da settimane sono svanite le limitazioni imposte ai cittadini per contenere la diffusione del Covid-19.
Pertanto la maggior parte dei cittadini ha potuto tornare alla quotidianità, alle proprie abitudini con comportamenti molto simili a quelli precedenti lo scoppio della pandemia, ma non per tutti è così. Molte persone con disabilità che frequentano i servizi semi-residenziali o residenziali, ad esempio i Centri diurni o CDD, possono accedervi solo alcuni giorni a settimana o a giorni alterni, sebbene la quasi totalità degli ospiti sia vaccinata e allo stesso modo per chi vive all’interno di servizi residenziali (RSD) le possibilità di ricevere visite e di uscire sono ancora molto limitate. Eppure sin dai decreti del 2000 era chiaro l’intendimento della Giunta Regionale Lombarda che la flessibilità poteva diventare esecutiva per alcuni ospiti, sempre che il responsabile Sanitario Covid-19 se ne assumesse la responsabilità, ciò che per molti di questi è stata evitata in quanto hanno preferito non rischiare. Ecco perché tutti sollecitano al ritorno della normalità tranne i centri residenziali, i quali si avvalgono di decreti che non tengono conto delle varie categorie e delle diversità dei fruitori.
Nonostante l’ordinanza del ministero della Salute dell’8 maggio 2021, che riguarda le persone fragili che vivono all’interno dei servizi residenziali (RSD e RSA), abbia stabilito le modalità con cui possono essere effettuate (in sicurezza) le visite all’interno delle strutture e le uscite degli ospiti, purtroppo, tale determinazione non ha sortito effetti positivi sia nei confronti delle persone con disabilità né dei loro stessi familiari.
Ci sono ospiti che da anni hanno potuto usufruire dell’affetto famigliare, una condizione interrotta drasticamente dall’arrivo di questa inimmaginabile pandemia e sappiamo tutti quanto ci è costato essere privati della nostra libertà, perciò correlate il vostro disagio a quello che hanno dovuto patire queste persone che non hanno potuto né difendersi e né farsi valere dei loro diritti, mentre tutto il resto della popolazione oggi non è più sottoposta a restrizioni simili.
Operatori che hanno dovuto pazientemente insegnare agli ospiti tutte le regole del distanziamento nel saluto, come mettersi la mascherina, lavarsi le mani dopo aver toccato qualsiasi cosa, un insegnamento che ha dato risultati più che soddisfacenti poi vaccinazioni, tamponi a non finire, ma tutto questo cosa gli è servito se ci sono ancora restrizioni per paura che si contagino. Pertanto sollecitiamo l’Assessorato competente della Regione Lombardia di adottare tutte le misure necessarie al fine di garantire a tutte le persone con disabilità di recuperare la propria dignità, la propria autonomia dando istruzioni precise alle varie comunità al fine di annullare queste disparità di trattamento rispetto al resto della popolazione.
Queste persone non sono mai state portatrici di contagio, in quanto molti di loro non sono ancora usciti dalla propria residenza, ma l’hanno dovuto in molti casi subirlo e subirne le conseguenze, regredendo e annullando anni di sacrifici da parte di famigliari ed educatori.
Dare loro la possibilità di recuperare sia fisicamente, psicologicamente e in affettività, sia il minimo che le Istituzioni Preposte e i Responsabili delle Residenze debbano impegnarsi per trovare soluzioni valide e dimostrare che le persone diversamente abili maggiormente soggetti a discriminazione non siano considerate uno scarto ma persone che appartengono e partecipano alla nostra società.
Dice Papa Francesco, è necessario non solo tutelare i diritti dei disabili e delle loro famiglie, ma “rendere più umano il mondo, rimuovendo tutto ciò che impedisce loro una cittadinanza piena, gli ostacoli del pregiudizio, e favorendo l’accessibilità dei luoghi e la qualità della vita, che tenga conto di tutte le dimensioni dell’umano”.