Scheda film
√ Nazione: Giappone
√ Anno Produzione 2008
√ Genere: Drammatico
√ Durata 131’ min
√ Regia : Yõjirõ Takita
√ Interpreti principali
• Masahiro Motoki
• Tsutomu Yamazaki
Plot
Un giovane torna nella sua città natale dopo una carriera fallimentare come violoncellista e si imbatte nel lavoro come nõkanshi, un rituale tradizionale giapponese tramandato da secoli.
Awards
Premio Oscar 2009
Best foreign language
Trivia
Okuribito è liberamente ispirato al libro autobiografico di Aoki Shinnon Nkanfu Nikki (1993), pubblicato in inglese con il titolo Coffinman: The Journal of a Buddhist Mortician (2004).
All’inizio del film, dopo la conversazione di Daigo che informa la moglie dello scioglimento dell’orchestra, lei va in cucina a preparare la cena ma urla guardando il polpo che non è ancora morto. Daigo lo porta quindi in un canale e cerca di dargli una nuova vita, ma il suo tentativo fallisce in quanto è già morto. Questo prefigura il prossimo lavoro di Diago.
INTRO
« La morte è per i vivi e non tanto per i morti »1
REVIEW
E’ un film d’autore che parla della morte attraverso la vita, film premiato innumerevoli volte tra cui l’Oscar come miglior film straniero nel 2009. Il titolo originale giapponese è Okuribito, letteralmente “Persona che accompagna alla partenza”
In Tokyo un’orchestra si scioglie e un giovane violoncellista perde il suo lavoro, smette di suonare; questo fatto lo porta a scegliere di tornare nel paese di nascita e iniziare a cercare un nuovo lavoro. Un’incomprensione lo porta “controvoglia” a entrare nel mondo del “nokanshi”, il preparatore di corpi per una ditta di pompe funebri. Dopo alcune avventure grottesche, il giovane violoncellista si appassionerà al suo “lavoro” rinascendo.
“Scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno in tutta la tua vita”2
Nel film, il ciclo di vita e di morte, di “rinascita”, si ripete più volte e sotto forme diverse: la fine della carriera di orchestrale del giovane Daigo diventa una sorta di silenziosa rinascita, la vendita del costoso violoncello diventa la riscoperta del caro suono “famigliare” del suo primo strumento, il distacco dalla compagna diventa un ritorno alle origini della loro relazione, .. tutto si trasforma, nulla si distrugge.
Okuribito è un film che sa trovare l’equilibrio tra l’ironia e l’apparenza, immerso nello spirito orientale. Un film dove si può incontrare l’eleganza formale e la grazia dei gesti e dei riti. Un film che vuole riflettere sullo stretto connubio del vivere e del morire, la relazione tra chi vive e chi ha lasciato di vivere.
In Giappone, la parola “gimu” significa il debito di riconoscenza dei figli nei confronti dei loro genitori. I genitori hanno fatto dono della vita al figlio, il dono più prezioso, un “debito” che non può essere estinto. L’unica occasione in cui i figli possono estinguere il proprio debito è nel momento della morte di un genitore: sia durante il funerale, aiutandolo a trapassare in pace ed eseguendo tutti i rituali, sia dopo il funerale, continuando offrire loro cibo, bevande e doni affinché possa trascorrere la migliore eternità possibile. Ecco perché nella maggior parte delle case i giapponesi hanno un altare dedicato ai loro parenti defunti, dove vengono offerti cibo e preghiere.
Eppure, anche nella cultura Giapponese, intorno alla morte ci sono enormi pregiudizi, che si rifanno alle emozioni profonde che vivono nelle persone.
“Questa nostra compagna silenziosa che parla a noi vivi, sussurrando, sincera e saggia. La morte non parla mai di sé. Ci parla sempre di quello che stiamo facendo della nostra vita, dei sogni che non abbiamo sognato, dei rischi che non abbiamo corso (per paura), dei suicidi lenti che abbiamo perpetrato.
La Vita e la Morte si riconciliano, conversano tra loro, e da questa conversazione nasce la Bellezza…
Sebbene nessuno possa negare la realtà della morte, nel nostro mondo moderno è scomodo parlarne, pensarci o anche solo affrontarne l’eventualità. Temiamo la morte, punto!
Ne parliamo solo indirettamente. Sappiamo tutti cosa ci aspetta, ma la morte ci riempie sempre di paura. Per noi è come se non facesse parte della vita e preferiamo ignorarla. Ma come possiamo far fronte a qualcosa che abbiamo cercato di ignorare per tutta la vita?”3
La morte e la vita non sono opposte, sono sorelle. Il “rispetto per la vita” richiede che siamo abbastanza saggi da permettere alla morte di venire quando la vita vuole andarsene, richiede di accettare la morte come parte integrante della vita.
“Per ogni cosa c’è un tempo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire”.4
Quando il protagonista Daigo prepara i morti, i suoi gesti calmi, ripetuti, eleganti e nello stesso tempo premurosi e amorevoli, sono come le mani delicate di una mamma che prende in braccio il figlio appena nato, lo accudisce e lo calma, accarezzandolo con tenerezza, quella tenerezza che non chiede nulla in conto.
Il rito avviene davanti alla famiglia e ai suoi cari, che ne sono coinvolti e sono parte attiva. Il rito ci invita ad andare verso ciò che ci spaventa, in ascolto, con cura e osservando, senza timore di “accarezzare”, svegliando in noi la coscienza che la vita è una partenza.
Quello che veramente udiamo non sono le parole, quello che veramente vediamo non sono i gesti , ma quello che veramente sentiamo è “musica”, e con lei la memoria dei momenti vissuti, e scopriamo nel tempo che fugge, la bellezza unica della vita.
Perché noi siamo la buccia e la foglia.
La grande morte che ognuno di noi ha in sè
è il frutto attorno a cui ruota ogni cosa”.5
Quotes
“Molto tempo fa, prima di scrivere, mandavi a qualcuno una pietra che si adattava a come ti sentivi. Dal suo peso e dal suo tatto, saprebbero come ti senti. Da una pietra liscia, potrebbero capire che eri felice. O da una ruvida che eri preoccupato per loro”.
Daigo Kobayashi: “È un po’ triste… nuotare contro corrente solo per morire. Perché questo duro sforzo se stai per morire.”
Shokichi Hirata: “Sono sicuro che vogliono tornare… al loro luogo di nascita.”
1 “Death is for the living and not for the dead” frase tratta dal film “Gates of Heaven”, 1973 di Errol Morris
2 Confucio
3 Achab, è il capitano della nave Pequod. Melville prende spunto dal Re Achab il quale abbandonò la fede del Dio di Israele
4 Herman Melville, Mobydick
Rubem Alves, “Sobre a morte e o morrer”
5 Libro del Qoelet, 3,1-11
5 Rainer Maria Rilke, tratto dal “Il libro delle ore”