Quando incrocio gli occhi di mia Madre, mi sembra di cadere in un pozzo d’amore senza fine. Io non so nuotare ma nel suo sguardo mi piace affogare. Si, perché è un bel “morire”, in quell’ Oceano d’amore che solo gli occhi di mia Madre posson contenere. Giordano
Senza fede come avrei potuto gioire dei sorrisi delle stelle, e riempirmi l’anima di sole? Trasformare le mani in ali, spiccare volo sopra la nave, un istante prima di affogare? Vivere in compagnia dell’infanzia, ma non la mia, quella dell’Universo, quando tutto era diverso, giocosa ubriachezza di eterna bellezza. Senza
La libertà, la melodia di un brano che vola tra la folla… le ali portate dal vento del non ritorno, la follia di un giorno di mezza estate, l’amore che brucia ogni menzione. A volte è meglio guardare il calare del sole, non pensare a quello che può succedere. La
Come è quieto e lieve l’orizzonte in alto mare l’acqua perde peso e il ciel lo puoi toccare. Sotto al sole inebrian adamitiche parole e più non ho certezza di rivenir al litorale. Fievole e anamnestico l’aspetto mio gravoso or che posso stare adespoto nel sale… ma è un’assenza avversa
Di preziosa “Merce” è carica la giostra: astronauti, ingegneri, architetti o semplici contadini, che ameran la terra come loro Madre, e sfameranno gli altri, senza oltre pretendere. Grida di gioia, feriscono l’aria, è un bel sanguinare il loro ascoltare, e torno all’indietro col mio pensare. Anch’io ho cavalcato il bianco
Dagli albori del mondo fu creato l’altra metà del cuore di donna, mostrato come un libro da leggere, ricolmo dai secoli si leggono i capitoli della felicità e del dolore… ma tu mio amato, lo hai guardato con attenzione, scoprendo ogni piccolo segreto imprigionato dalla triste cella della vita. Scalvini
(Dipinto ad acquerello, di Ornella Colpani) Tu che, prodigiosa, contieni linfa rigeneratrice e mostri elasticità persino nella corteccia che la realtà a volte ti impone. Tu che, con grazia naturale ed elegante, resisti anche agli improvvisi venti gelidi del nord e alla neve che si posa sui tuoi rami. Tu
Gli occhi della mente offuscati da quel cupo grigiore, indescrivibile la prigione creatasi dal proprio io, nulla sembra più avere un senso, l’apatia si trasforma in pura tristezza, le lacrime sgorgano senza motivo, sconfitta da quell’essere invisibile, un involucro formatosi come un’inespugnabile fortezza del proprio essere, l’artefatto castigato alla distruzione.
Ronzio d’emozioni innanzi si compone in un girotondo d’immagini e colori. Nonnulla fra le dita manciate di sogni palpiti rinnovati silenzi sommessi. Parola sussulta osa essere dimenticanza ardisce battere tempo rilucere nella quiete distratta di giorno in muta. Milena, la mamma di Vittoria e di Celeste
Tu entri dalla mia finestra, ti arrampichi sui muri della mia stanza, ti siedi a ciondoloni in cima al mio armadio, o ancora, mi guardi appesa al soffitto. Io ti sento, bellissima fata della notte, dimmi: com’è il tuo vestito? Arancione cremisi, bianco o rosso, come forse sono i tuoi
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