Poesie

Nei tempi di bambina fervida era l’attesa per l’arrivo della Santa. Nel cuore, un mare desisideri fra le dita, ondine increspate. Notte magica avanzava lenta nell’attesa di alba che s’attardava dietro crocchi di sogni in fuga. Carico il tavolo, di doni, leccornie mani ingorde, tastavano assaggiavano, odoravano. Madre, mia madre,

Quanta voglia frenetica di volare in quel posto esclamativo, fin troppo forse sproporzionato di eccellente amore, dove la speranza di creare nuovi sogni, facevano parte del tuo bagaglio umano corrispondente di nostalgica passione di vivere! I tuoi giorni infiniti avevano il sapore delle cose più genuine e semplici, fino ad

Dopo ‘l zél de stanott ‘na brina sterlüzenta la s’è diculada al leà del sul sö cap è cóp. Caressa dulsa e quasi argugnuza po’ söl fiöm, nel sò scorer sensa calendare, mai strach. Penelade de bianch le sa brasa sö, tra montezèi e cél, ‘n dó sa ‘ntrèssa nigoi

Prime ombre scendono a picco il paesello avvolgendo come tenera bambagia. Attesa brucia, preme istiga al passo. Tutto è fantasia per finta ci siamo lussati le anche durante la lotta per finta ci siamo amati ed ancora per finta abbiamo cavalcato onde dello stesso mare. Tempo è giunto per andare

Ventezèl dispitus dè april ‘l squasa foie noèle, fiurilì delicacc nei prà. Le tindine a le mé finestre le sbarbèla söi vedre ‘mperlacc da ‘na spéra dè sul. Mà svelte dè gnare le serca dè tègner zó sotane chè desquacia gambe nüde è caèi chè ùla vià da sguanze argugnuse.

Guerre a profusioni irruenti, prive di senso nascono da ogni dove. Urla d’infante, morti atroci solitudini, mancanze si gonfiano a dismisura zittite dall’ingordo essere dei potenti. Intrisa di sangue, la terra, grondante, brucia, geme, ansima. Distruzioni, una dopo l’altra incessantemente compongono, aridi paesaggi. Nei cuori regna indiscussa sollecitudine brama d’osare

Sedendomi su una panchina rossa mi son sporcato di vernice fresca. Quand’è che queste panchine smetteranno di comparire? Quand’è che l’homo sapiens dimostrerà di essere veramente tale? Giordano

Ciao amico mio del cuore, ti devo scrivere, devo gridare dentro un foglio, ho aperto gli occhi a vedere il mondo. Tutto è così chiaro adesso, vorrei essere un Dio e bruciare tutto l’odio del mondo; il sorriso della gente sarebbe perfetto, un abbraccio sarebbe di conforto ed il mentire

Soffocare il dolore con la presunzione di volersi sollevare dalle delusioni, dimenticando che le cicatrici permangono indelebili nel tempo, solo l’anima le vede perchè il volto si maschera di un sorriso fulgente per non lasciare trasparire nulla… solo l’apparenza della donna volitiva. Scalvini Roberta