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Capodanno negli Stati Uniti

Siamo partiti da Milano Malpensa per Chicago.
Il tour è iniziato con il trasferimento a Tempe con la sosta per il pranzo. Una cittadina simpatica, calda, strade larghe, piste ciclabili; nel pomeriggio proseguimento per Gila Bend per il pernottamento. L’obiettivo è San Diego dove arriviamo dopo aver visto l’alba lungo la I-8. Il paesaggio è sempre molto bello anche d’inverno. A San Diego andiamo subito a vedere Old town, la città che ha conservato l’aspetto storico di quando arrivarono gli spagnoli: case, scuola, noleggio cavalli e carrozze e il Bazar Del Mundo, luogo tipicamente spagnoleggiante.

Il pranzo non può che essere messicano e poi nel pomeriggio andiamo a vedere la lingua di terra che dà sull’Oceano Pacifico di fronte l’isola di Coronado legata alla terraferma da un lungo ponte, i cliff sulla spiaggia e passando diamo uno sguardo al cimitero caratterizzato dalle croci bianche. Arriviamo sul lungo mare fino al Seaport Villane dove approfittiamo per fare una passeggiata: qui si trovano negozi di ogni genere, bar, take way. Riprendiamo la macchina per arrivare a sera a Los Angeles. Usciamo subito per la cena e andiamo al Kodak Theatre dove mangiamo e da lì usciamo per percorrere una parte del walk fame e arrivare al Chinese Theatre luogo dove le star di Hollywood mettono mani e piedi. Con la macchina facciamo poi un percorso attraverso Beverly Hills Bel Air e alla fine Rodeo Drive.

Ripartiamo alla volta del parco delle Sequoie. La strada è molto interessante il panorama pure. Ci troviamo sulla Sierra Nevada e il nome lascia presagire poco di buono infatti la neve si trova ovunque. I rangers ci fanno entrare ma mentre siamo all’osservazione delle sequoie che sono davvero mastodontiche (hanno tantissimi anni e sono grandissime, la macchina può stare al loro interno) Sentinel e General Sherman sono le più grandi in assoluto, inizia a nevicare e la neve ci segue per tutto il resto del percorso fino a quando usciamo dal parco. Abbiamo scelto di dormire a Fresno per essere vicini allo Yosemite l’indomani.
Purtroppo durante la notte è nevicato tantissimo e non è possibile entrare nel parco se non con le catene. Cambio di programma e partiamo alla volta di San Francisco. Il tempo è davvero inclemente: continua a piovere, ci sono raffiche di vento che tendono a spostare la macchina e guidare è un’impresa per impavidi! Finalmente siamo nella zona di San Francisco e qui ci aspetta la nebbia (abbiamo visto un po’ tutte le manifestazioni atmosferiche).

Passiamo il ponte per entrare in città e la sensazione è bellissima: sospesi nella nebbia su un ponte, il senso di vuoto e di essere come color che son sospesi. La città è bagnata da una pioggia sottile e insistente. Approfittiamo subito per un giro a piedi in un arco di tempo in cui non piove: il Cable car, Chinatown, Columbus Street, Civic Center, Market Street. Il mattino seguente decidiamo di fare il percorso di 49 miglia indicato sulla carta che mostra tutta la città. Vediamo davvero tutto: la Mission Dolores, il porto, il Pier 39, Ghirardelli, Alcatraz, il Golden Gate, il Presidio. Passiamo sul ponte per raggiungere Sausalito e vedere la città dall’altra parte. Riprendiamo il tour in città e raggiungiamo l’oceano, la casa sui cliff, il Golden gate park con i bufali e alla fine il quartiere dei gay Castro e concludiamo il giro con la salita a Twin Piks per uno sguardo dall’alto della città.

Abbiamo trovato una bellissima giornata di sole con momenti di variabilità e un forte vento ma nel complesso ci rimane l’idea di una straordinaria città.
Il giorno seguente partiamo abbastanza presto perché vorremmo percorrere I-1 e la 17 Drive per tornare a Los Angeles e lungo la strada fare tappa a Carmel e Monterrey. Quest’ultima la vediamo ma il tempo sta peggiorando e ci sconsigliano la panoramica perché troppo pericolosa.
Certo che la parte di costa che siamo riusciti a percorrere a da mozzare il fiato: rocce che cadono a strapiombo sull’Oceano, onde che si frangono, vento.. Arriviamo alla città degli Angeli dopo una giornata passata a guidare sotto una pioggia battente e insistente.

La tappa in questo caso è solo per il pernottamento e per permetterci di partire ad un’ora decente l’indomani per la città del peccato Las Vegas. Lungo la strada una tappa d’obbligo è la Death Valley: il paesaggio è suggestivo e surreale avvicinandoci, entrando cambia ancora e diventa indescrivibile. Il tempo pare clemente ma ci sono raffiche di vento che fanno quasi cadere a terra. È una depressione di circa 90 metri sotto il livello del mare, il lago che qui si trovava è evaporato lasciando il sale, camminarci sopra è come essere sulla neve, le colline intorno sono caratterizzate per i colori e i piccoli Canyon, qui si trovano anche delle Send Mountain di colore marrone.

La giornata termina con l’arrivo a Las Vegas; la città si trova nel mezzo del deserto e si vede benissimo: da lontano si vedono le luci ma la città è ancora lontana e man mano che ci avviciniamo i colori aumentano come la luce anche se ormai è buio. È la notte di Capodanno e sullo Streep si riversa un fiume di gente; la strada è chiusa al traffico, le persone camminano con boccali di birra in mano in attesa della mezzanotte, altri tentano la fortuna nei casinò che intrattengono il pubblico con spettacoli.
Allo scoccare del nuovo anno fuochi d’artificio in diversi punto della strada. I cops sono costretti ad intervenire per fermare qualche facinoroso che inzuppato di vino osa sfidare le forze dell’ordine: assistiamo ad alcuni arresti con manganello e manette.

Il mattino seguente partiamo alla volta di altri due canyon Zion e Bryce.
Qui si tratta di un paesaggio di montagna molto simile al nostro con abeti e pini, sembra di essere sulle Alpi (e in inverno anche qui c’è la neve!). Arriviamo a sera a Page dove si trova una diga molto importante ricavata dal Lago Powell che un tempo era un canyon. Trasformandolo in un lago si è persa la flora e la fauna preesistente. Il mattino seguente siamo diretti alla Momunet Valley: sono monumenti naturali scolpiti dagli agenti atmosferici nel corso dei millenni; le forme sono le più diverse e lasciano spazio alla fantasia e all’immaginazione. Qui siamo in una riserva Navajo e si vede. Le case, le strade i colori sono particolari, il paesaggio ci costringe più volte a fermarci perché è davvero bellissimo. Continuiamo la strada verso il canyon De Chelly dove non ci fermiamo, qui dentro ancora i nativi coltivano la terra, e arriviamo alla Foresta Pietrificata e al Deserto Dipinto.

Anche qui la natura dimostra tutta la sua forza: una foresta di alberi sommersa dall’acqua e poi coperta di sabbia fino a diventare da legno a pietra: si vedono tronchi dispersi nella valle di colori diversi, forme diverse e toccandoli si sente che sono pietre. Tutto intorno il deserto con stratificazioni diverse che sembra colorato da qualcuno. Sempre qui ci sono segni di presenza dell’uomo fin dai tempi antichissimi, le rocce sono infatti segnate da Petroglifici stilizzati.
Il nostro ultimo obiettivo prima del rientro a Tucson è il Grand Canyon; i rangers dicono che le strade sono pulite ma non garantiscono la visibilità. Come temerari partiamo, ormai siamo abituati a tutto, e arriviamo di buon ora al Grand Canyon, siamo fortunati e possiamo vedere il panorama, il sole fa la sua comparsa e con la macchina facciamo il detour. Rientriamo a Tucson per la notte. Vicino a questa cittadina del sud dell’Arizona è possibile visitare il parco del Saguaro, la pianta tipica che è il simbolo dello stato stesso, che si divide in west east: dorsali di montagne colme di piante grasse di colore verde, grandissime, in questa stagione alcune hanno anche i fiori. Sempre nelle vicinanze la cittadina di Tombstone, un rifacimento secondo lo stile dei cowboy: case ricostruite nello stile, negozi, spettacoli di farwest.
E se rimane ancora qualche tempo a disposizione la Mission San Xaver la prima chiesa cattolica costruita dagli Spagnoli in Arizona.
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