La prima auto guidata è un po’ come il primo amore: non si scorda mai ed io mi ero molto affezionato alla piccola ma signorile utilitaria intestata a mio padre, e generosamente concessami in comodato d’uso per circa 4 anni, cioè finché non ne ebbi una tutta mia, anche perché in un così breve arco di tempo su questa simpatica vettura, mi accaddero diversi curiosi episodi (tre in particolare) che vi racconto… ma andiamo con ordine.
Avevo appena conseguito la patente di guida (42 anni fa), quando mio padre si vide costretto a sostituire la vecchia Fiat 500 per raggiunti limiti di affidabilità. Il nostro meccanico di fiducia aveva per le mani una Fiat 126 – 650 personal 4 (versione super lusso della 126, con la plancia ricoperta dalla moquette), pochissimi chiilometri percorsi, praticamente nuova: era di colore blu diplomatico, e quando io e mio padre la vedemmo per la prima volta, ne rimanemmo positivamente conquistati, tant’è che il mio papy la comprò. La prima domenica che uscii con Brunetta (chiamavo così la nostra “freccia” blu), fu per recarmi a Castelgoffredo, discoteca Sayonara.Solo soletto come ogni domenica pomeriggio dovendo accudire le mie bestiole non potevo essere libero prima delle 16.00, orario in cui i miei amici raggiungevano già i vari siti di svago.
Passando da Castelnuovo di Asola, trovo a bordo strada tre bellissime autostoppiste, mi fermo e le faccio salire; erano tutte sedicenni, parlammo del più e del meno quando una di loro mi fece notare che in auto si gelava (eravamo in dicembre). Senza dire nulla allungo il mio braccio destro e infilo la mano tra le gambe della ragazza seduta dietro sulla sinistra con l’unico e solo intento di girare la leva del riscaldamento (è in quel sito che era posizionata).
La ragazza lanciò un urlo e cominciò ad insultarmi: “brutto porco che ca…o hai intenzione di fare?”. Per fortuna la sua amica seduta al mio fianco disse che suo padre aveva una 500 ed anche lui girava la stessa levetta per aprire il riscaldamento. Non so se riuscite ad immaginare come ci sono rimasto; scambiato per un lurido maniaco sessuale. Fortunatamente le ragazze erano molto simpatiche e si sono fatte una grande risata (soprattutto nel vedere la mia faccia allibita). Arrivati nel parcheggio della discoteca, le 3 fanciulle scesero e prima di congedarci la ragazza che mi aveva insultato, mi chiese scusa salutandomi con un bacino sulla guancia; in fin dei conti la prima uscita con la mia auto blu, non era andata così male.
Qualche mese dopo un sabato sera, io ed il mio amico Paolo raggiungemmo Ostiano, destinazione discoteca Odeon (il Kiss Colossal Music Center non era ancora stato aperto), con l’intento di passare una serata di ballo sfrenato. Parcheggio la mia Brunetta, scendiamo, chiudo la portiera, infilo la chiave nella serratura, giro e crack, la chiave si spezza nella fessura… “E adesso come cacchio facciamo ad aprire l’auto?” Tant’è che a casa non avevo neppure le chiavi di scorta, essendo usata non mi erano mai state consegnate. Come riuscire a risalire in macchina? Io ed il mio amico Paolo ci siamo piazzati davanti all’ingresso dell’Odeon ed a tutti quelli che entravano chiedevamo se tra loro c’era un carrozziere o comunque qualcuno in grado di aprire la serratura. Siamo solo riusciti a trovare un meccanico che ci ha consigliato di rompere il deflettore (un triangolo di vetro posto davanti al finestrino che aveva la funzione di cambiare aria all’interno dell’auto), secondo lui il male minore; costava circa 100.000 lire, poi si infilava un braccio all’interno e si tirava su la sicura. A me rompere la Brunetta faceva veramente male, ma se non c’era altro modo…
Il mio amico Paolo si assunse il compito di rompere il deflettore, stava prendendo la mira pronto a dare una scalcagnata al vetro triangolare, quando arriva una macchina con a bordo 2 giovanotti che parcheggiano in fondo la fila al buio; allora dico a Paolo di aspettare un attimo – magari loro sanno aprire la portiera senza rompere niente – mi avvicino al loro finestrino busso sul vetro, espongo il nostro problema ed in tutta risposta: “andate a cagare ragazzi!!”. Siamo rimasti mortificati, io ero stato gentile, non mi aspettavo una simile risposta.
Ritorniamo verso Brunetta quando quello seduto in parte dell’”educatissimo” giovanotto scende e dice: “ragazzi ve l’apro io la macchina”.
Arriviamo a fianco della nostra auto, il giovanotto va alla portiera del passeggero (l’altra serratura non poteva essere aperta; c’era dentro la chiave spezzata), si guarda in giro assicurandosi che non vi fosse nessuno, poi apre una valigetta contenente una miriade di piccoli cacciaviti di ogni fattura: ne prende un paio, li infila nella fessura e dopo pochissimi minuti riesce a far scattare la serratura senza rompere nulla – “Ecco fatto, la portiera è aperta; ragazzi, voi non ci avete mai visto, sono stato chiaro?” – Lo ringraziai moltissimo giurando che noi non li avevamo mai conosciuti (il motivo della sua richiesta sembrava piuttosto evidente).
Ormai si era fatto tardi, una volta le discoteche chiudevano a mezzanotte in punto, che bei tempi; adesso nei parcheggi dei moderni locali, alle cinque del mattino ci trovi papà, mamme, nonni, nonne; rintronati dal sonno che aspettano i loro figlioletti o nipoti per riportarli a casa. I giovanotti già patentati invece prima di andare a dormire, si fermano nei Bar dei vari paesi che attraversano, facendo il pieno di alcolici senza una meta né un vero perché. Io ed il mio amico Paolo, risaliti sulla Brunetta, commentavamo quanto era accaduto; era alquanto palese che i 2 giovanotti così talentuosi nell’aprire le portiere, fossero altrettanto abili nel ripulire l’interno delle auto. Cosa fare? Avvisiamo la direzione della discoteca tradendo la promessa fatta ai ragazzi che ci avevano aiutato? Non era una decisione semplice… dopo una breve discussione accesi il mio “bolide” blu e ce ne andammo senza dire nulla. Certo, la nostra è stata una scelta opinabile, ma non ce la siamo sentita di pugnalare alla schiena i giovanotti che in fin dei conti, ci avevano risolto un grosso problema.
Il terzo episodio riguardante la Brunetta, che rimarrà sempre nella mia memoria, si svolse un paio di mesi prima della mia partenza per il militare (siamo nel maggio del 1982). Decisi di farmi dare una controllatina ai denti proprio per evitare problemi di carie durante la leva militare. Parcheggio la mia auto blu nella piazza del mercato di Asola (MN), lo studio del nostro dentista di famiglia è ad un centinaio di metri; ritorno dopo il controllo dell’odontoiatra (per fortuna la mia dentatura era a posto), apro la portiera di Brunetta e con grandissima mia sorpresa noto che il Rosario avvolto allo specchietto retrovisore non ha più i grani in legno ma sono di madreperla.
Non vi dico come mi sono sentito, il mio cuore è partito come un Frecciarossa, pensando ad un Miracolo; quella Corona del Rosario mi era stata regalata da mia zia Amelia (Suor Brunamaria Ghidelli), sorella di mia madre, persona inspiegabilmente guarita almeno secondo la scienza medica; da un avvenimento che la Chiesa ha ufficialmente riconosciuto come un Miracolo (qualche anno fa ne ho scritto il racconto su queste pagine, intitolato: Testimoni di un Miracolo).
Un carissimo regalo per me, a cui ero veramente molto legato: continuavo a fissare la Corona, tremavo e sudavo dall’emozione, cercando di comprendere come fosse stata possibile questa trasformazione, mi guardavo in giro come a cercare qualcuno per raccontare quanto mi era accaduto. Volgendo lo sguardo dietro, ho notato la presenza sul sedile posteriore del quotidiano: La Gazzetta dello Sport, giornale che non ho mai acquistato in vita mia (non sono molto sportivo), e lì ho cominciato a chiedermi: ma questa è la mia auto? Ho rivolto la vista sulla fila di macchine parcheggiate di fronte, e leggermente sulla destra ho letto la targa della mia Brunetta; sono sceso subito (senza richiudere con la chiave), pensando: ma porca miseria, se adesso arriva il legittimo proprietario dell’auto che reazione avrebbe?. Sono salito sulla mia vettura ed ho cominciato a ridere come un deficiente; il fatto è che le due auto erano identiche, addirittura avevo aperto la serratura con la mia chiave senza nulla forzare; il che è abbastanza singolare.
Dopo aver riso fino alle lacrime, ho rivolto lo sguardo sulla Corona regalatami da mia zia, con i grani in legno ed il Crocifisso intagliato a mano, ben contento di rivederlo al suo posto. Forse il Rosario di madreperla appeso sull’altra auto, commercialmente avrà avuto maggior valore, ma quello di mia zia neppure è stimabile, perchè intriso di lei, del suo essere, ed inoltre è dello stesso materiale su cui nostro Signore è stato inchiodato per nostro grandissimo Amore.
Giordano